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Cronaca

Ragazzo spinto sotto al treno: la lite per un messaggio a una coetanea

Mercoledì 25 gennaio un ragazzino è stato spinto sotto un treno a Seregno da alcuni suoi coetanei. Ora sono stati fermati due minori.

Un ragazzino di quindici anni è stato spinto sotto un treno presso la stazione di Seregno. A compiere il gesto sono stati altri due adolescenti di 14 e 15 anni che adesso sono accusati di tentato omicidio. Inizialmente le forze dell’ordine avevano pensato che si fosse trattato di una rapina, invece si è scoperto che era stata una spedizione punitiva. Ecco tutti i dettagli.

La scintilla che li ha portati ad agire

La vittima, all’incirca alle 14.30 di mercoledì 25 gennaio ha prima litigato con un gruppo di coetanei e, in seguito, è stata rapinata da questi ultimi che hanno tentato di strappargli la felpa colpendolo finché non è riuscito a cambiare binario. A quel punto, però uno dei due fermati lo ha spinto proprio mentre stava transitando un treno. Il ragazzino ha sbattuto la testa contro una carrozza ed è stato, fortunatamente, soccorso e trasportato presso l’ospedale San Gerardo di Monza.

Grazie all’analisi dei fotogrammi delle riprese le forze dell’ordine hanno individuato i responsabili che si erano dati alla fuga. Uno era ancora nella zona della stazione, l’altro invece era già andato a costituirsi accompagnato dalla nonna. Per entrambi è stato applicato il fermo dal momento che c’erano gravi indizi di reità in ordine ai reati di tentata rapina aggravata in concorso e tentato omicidio in concorso. Successivamente i giovani sono stati portati presso il centro per la Giustizia minorile di Torino.

Il parere del procuratore

Ad aver provocato questa tragedia quasi sfiorata stando alle indagini effettuate dalla Squadra mobile di Monza sarebbe stato un messaggio inviato dal ragazzo ferito a un’altra coetanea. Il Procuratore per i Minorenni Ciro Cascone ha commentato così questa vicenda: “questi ragazzi non sono più abituati a pensare, agiscono, credono di vivere in una canzone o in un film e perdono il contatto con la realtà”. 

Inoltre, secondo lui, questi adolescenti credono di essere in un reality, ritengono di poter risolvere una questione banale, la contesa di una ragazza “un contesto culturale che dovremmo aver superato perché quella ragazzina è una persona e non un oggetto“. Il Procuratore ha sottolineato che i ragazzini apprendono da qualcuno questi modelli, non solo dalla famiglia, ma anche modelli esterni amplificati dai social.

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