Il capo della mafia arrestato tre giorni fa non si è presentato all’udienza nella quale è accusato delle stragi di Cosa nostra, il tutto sarà rinviato al 9 marzo. Intanto gli investigatori cercano nuovi indizi nelle case che ha abitato. Il capo dei carabinieri che ha coordinato le indagini assicura: “Non c’è stata alcuna trattativa, non umiliate il lavoro degli investigatori”.
Una sedia vuota ripresa da una telecamera. Matteo Messina Denaro, che attualmente si trova detenuto nel carcere di massima sicurezza a L’Aquila, ha scelto di non presentarsi davanti al giudice che doveva interrogarlo nel processo d’appello per le stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Il processo si stava svolgendo dall’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta. Il rinvio e quindi la sua assenza in aula è stata possibile grazie concessione di un termine a difesa, per la notifica dell’ordinanza cautelare all’imputato e la contestuale nomina dell’avvocato di fiducia che è avvenuta oggi. Inoltre era prevista oggi anche la seduta di chemioterapia di Messina Denaro per curarsi dal tumore, la quale avviene all’interno del carcere. L’udienza è stata quindi rinviata al prossimo 9 marzo.
Secondo quanto riferito dal procuratore generale Antonino Patti, in Matteo Messina Denaro “non vi è alcun pentimento” per le sue numerose e spesso agghiaccianti responsabilità davanti alla Giustizia. Per le, certe, condanne a cui andrà incontro bisognerà quindi attendere sebbene il boss abbia già pendente una condanna in primo grado all’ergastolo.
I SEQUESTRI
Frattanto i carabinieri hanno posto i sigilli alla casa della madre di Andrea Bonafede, il prestanome di Messina Denaro al quale il boss avrebbe rubato l’identità per celarsi alle forze dell’ordine. Si suppone che all’interno dell’abitazione, che la donna non utilizzava da tempo, si possano trovare tracce sulla latitanza ed eventuali indizi su chi lo abbia coperto in questi anni. Sono stati anche rinvenuti numerosi gioielli e valori, ovviamente posti anch’essi sotto sequestro.
“NESSUNA TRATTATIVA PER LA CATTURA”
Questa mattina voluto rilasciare una dichiarazione Pasquale Angelosanto, il comandante del Ros che lunedì con i suoi uomini ha arrestato il boss della mafia ricercato da trent’anni, per sedare le voci secondo le quali la cattura di Messina Denaro sia avvenuto in seguito a un accordo tra lo Stato e lo stesso latitante.
“Chi pensa a trattative segrete o addirittura a una consegna concordata umilia gli investigatori e i magistrati che per anni hanno lavorato giorno e notte per catturare Matteo Messina Denaro” afferma Angelosanto. “Sono pronto a ripetere ovunque, anche in un’aula di giustizia, quello che sto dicendo. Lo devo ai miei uomini e tutti lo dobbiamo alle vittime delle cosche. Soltanto chi non conosce davvero la mafia può pensare a una trattativa segreta“.
“Messina Denaro in tutti questi anni ha vissuto lontano dalla sua cerchia stretta di familiari e conoscenti. Noi e la polizia abbiamo arrestato centinaia di fiancheggiatori ma abbiamo sempre avuto la certezza che utilizzassero un’attenzione maniacale negli spostamenti e negli incontri. Inoltre i nostri pedinamenti dovevano essere inevitabilmente larghi proprio per non far scattare l’allarme. E poi c’è un altro elemento che non deve essere ignorato”. E conclude “Io ho sempre raccomandato di non lasciare nulla di intentato, ma anche di non rischiare. Davvero si può pensare che avremmo concordato la cattura in una clinica dove c’erano decine di malati con il rischio che potesse esserci un conflitto a fuoco o comunque che qualcuno potesse essere messo in pericolo?” afferma il comandante.