Le chiamano “spese obbligate”: è la quota di acquisti che si fanno semplicemente per “vivere”. Come i beni di prima necessità, le spese per la casa e i trasporti.
Una percentuale che – complice il carovita – incide sempre di più sui bilanci delle famiglie italiane.
La quota di “spese obbligate” nel bilancio famigliare continua a aumentare. La percentuale emerga da una stima dell’Ufficio studi della Cgia riferita al 2022, secondo la quale nel 2022 gli acquisti per cibo-bevande, trasporti e casa sono arrivati a sfiorare il 60% del totale della spesa mensile media di una famiglia italiana. Per la precisione, la quota di acquisti obbligati è stata pari al 59,6 per cento.
Il che, tradotto in soldoni, significa che nel 2022 su una spesa mensile media di 2.016 euro, 1.202 euro se ne sono andati per le spese obbligate: 265 euro per benzina-gasolio e spese su mezzi pubblici; 425 euro per la spese di manutenzione della casa e per le bollette di luce-gas-spese condominiali. Infine 511 euro sono stati sborsati per il cibo e le bevande analcoliche. Visto l’aumento dei prezzi registrato l’anno scorso, si stima che rispetto al 2021 la quota degli acquisti obbligati sia aumentata di 3,8 punti percentuali.
La sostanza è che le famiglie, a causa dell’inflazione, hanno perso potere d’acquisto. Il che vuol dire che spendono di più e si portano a casa meno beni. E la maggior parte della spesa – per alimenti e bevande, benzina e bollette – viene fatta semplicemente per “vivere” e per andare e tornare dal lavoro.
In due anni, tra 2021 e 2022, le uscite per gli acquisiti obbligati per una famiglia media in Italia sono aumentate di 171 euro (+16,6%). Al contrario, le spese complementari sono colate a picco, spiega lo studio della Cgia. Malgrado che l’anno passato l’inflazione mediamente sia aumentata dell’8 per cento, questa tipologia di spesa in termini assoluti è rimasta praticamente al palo. In altri termini, negli ultimi anni la famiglia media italiana ha speso ogni mese mediamente 815 euro per comprare alcolici, tempo libero, abbigliamento e calzature, mobili, istruzione, sanità, cura della persona, ristorazione, ricettivo.
In più c’è il fatto che se la grande distribuzione organizzata e le vendite on line hanno avuto risultati positivi, ben diversa è la situazione delle attività commerciali e artigianali di piccola dimensione dei settori sopra ricordati. Queste ultime invece hanno assistito al peggioramento della propria condizione economica.
Sul piano geografico invece i dati dicono che la spesa obbligata pesa più al Sud e nelle isole – dove incide in maniera determinante la minore capacità di spese delle famiglie – che nel resto del Paese. In Italia la spesa media più alta si fa in provincia di Bolzano (3.116 euro). Al secondo posto c’è la Lombardia (dove le famiglie spendono 2.904 euro), nella provincia autonoma di Trento (2.791 euro), in Valle d’Aosta (2.721 euro) e nel Lazio (2.712 euro). Le ultime regioni della graduatoria sono la Sicilia (1.992 euro), la Calabria (1.915 euro) e la Puglia (1.808 euro).
Considerando solo casa, cibo e trasporti, emerge che la somma delle spese per le bollette (luce, acqua, gas, rifiuti, etc.), degli alimenti di prima necessità (pane, latte e carne) e dei carburanti (gasolio, benzina, pedaggi, ecc.) arriva a pesare per oltre il 52 per cento sulla spesa media annuale delle famiglie italiane (1.200 euro).
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