Un mese prima di morire Alessandra Matteuzzi aveva implorato la madre di quello che sarebbe diventato il suo assassino.
La scongiurava di fare qualcosa per il figlio. Purtroppo il suo grido di aiuto è rimasto inascoltato.
Era consapevole del rischio che correva Alessandra Matteuzzi, la 56enne di Bologna assassinata lo scorso 23 agosto dal suo ex, il calciatore Giovanni Padovani, adesso incarcerato con l’accusa di omicidio aggravato. Sapeva molto bene di rischiare la vita e di essere in pericolo.
Una circostanza emersa dagli atti dell’indagine della procura di Bologna. Il 23 luglio, un mese prima dell’uccisione, la donna scriveva, in una chat con la madre di Padovani: «Io non voglio morire». Un grido di terrore o di aiuto, una profezia sulla tragica conclusione di una relazione contrassegnata da una morbosa gelosa e dall’asfissiante mania di controllo del suo ex. Alessandra così si confida con la madre del suo futuro killer per implorarla di fare qualcosa: «Tuo figlio va aiutato perché ha dei grossi problemi». Chiaro il riferimento agli episodi di stalking o alla pretesa che lei ogni dieci minuti inviasse a Padovani un video sul cellulare per provare che non si trovava assieme ad altri uomini.
La risposta della madre di Padovani però è secca: «Lui è rimasto convinto che tu lo tradivi continuamente, dicendomi che hai rovinato tutto… comunque poi ci sentiamo al telefono». Alessandra però non si rassegna e continua a insistere: «Questa è la sua follia e la sua patologia che lo porta a essere violento. Io non voglio morire!!!». A quel punto la mamma del calciatore prende le difese del figlio: «Guarda, Giovanni non è mai stato come dici con nessuno. Su queste cose ti sbagli».
Le ricerche online della modalità «migliore» per uccidere la donna
Saranno i fatti successivi a dimostrare che Alessandra non sbagliava a credersi in pericolo. Un mese dopo Giovanni Padovani, appostato sotto casa sua, in via dell’Arcoveggio, l’avrebbe uccisa colpendola più volte con un martello che si era portato appresso. Infine l’avrebbe finita scagliandole addosso una panchina che si trovava nel cortile.
La furia che aveva sfogato contro la sua ex, stando a diversi elementi in possesso degli investigatori, era solo lo sbocco di un piano già programmato da tempo. Dalla consulenza affidata dalla Procura bolognese sullo smarrtphone del 27enne è emersa infatti una nota del 2 luglio dove Padovani anticipava l’intenzione di eliminare Alessandra: «La uccido perché lei mi ha ucciso moralmente». Una programmazione che emerge anche dalle centinaia di ricerche effettuate sul web prima del delitto per informarsi sulle varie modalità di uccisione, dall’appunto con la lista del “materiale” per portare a termine il delitto. Tutte cose che l’ex calciatore – che aveva preso pure parte a una campagna contro la violenza sulle donne – si era appuntato sullo smartphone.