C’è tensione nella maggioranza di governo dopo la decisione di non prorogare il taglio sulle accise. Ma anche su altri fronti ci sono distanze.
La correzione in corsa al decreto benzina sarebbe avvenuta al di fuori del Consiglio dei ministri. C’è malumore per il decisionismo della premier e del ministro dell’Economia.
Cominciano ad affiorare le tensioni e i primi mal di pancia all’interno della maggioranza che sostiene il governo targato Meloni. Non c’è giorno ormai che qualche esponente della maggioranza non se ne esca con qualche distinguo – quasi mai rumoroso ma costante, come una sorta di brusio di sottofondo – in controtendenza. È accaduto sul caro benzina e sulle nomine di primavera, ma anche sulle armi a Kiev, sui balneari e sull’elezione dei membri laici del Csm.
Le divergenze sono emerse in particolare sulla questione accise e carburanti, dove il pressing dei due alleati di governo, Lega e Forza Italia, sembra aver aperto una breccia nella fermezza di Giorgia Meloni. Così il decreto «trasparenza» sui prezzi dei carburanti, dopo aver avuto il via libera in Cdm il 10 gennaio, ha subito un ritocco in corsa solo due giorni dopo l’approvazione. Formalmente la modifica è avvenuta nella riunione del Cdm di ieri. Ma la sostanza è che il ritocco è avvenuto fuori dal Consiglio dei ministri, nelle stanze della premier. «Hanno fatto tutto Giorgia e Giorgetti», racconta al Corriere della Sera un esponente del governo rimasto anonimo (uno di quelli che si sentono esclusi dalle scelte decisive).
A quanto pare non sono sporadiche le voci che lamentano il decisionismo della leader di FdI («decide tutto lei») che sembra avere come suo unico interlocutore il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (come prova la variazione sul tema «decidono tutto loro»).
In televisione il premier ha elogiato la «grande coesione» della squadra di governo, liquidando come «racconti fantasiosi» le voci sulle crepe interne alla maggioranza. Incrinature che però appaiono evidenti mettendo in fila le dichiarazioni. E anche i silenzi. Come quelli del vicepremier Salvini ad esempio. Che non accorre in aiuto della premier in difficoltà dopo che martedì, alla vigilia del Cdm, aveva pressato per tagliare le accise. Anche Licia Ronzulli, il 9 gennaio, spingeva per un intervento sulle accise. Idem faceva il presidente della commissione Bilancio della Camera Giuseppe Mangialavori e Luca Squeri (Forza Italia).
Un malcontento che non sembra soltanto limitato all’area renzulliano, ma condiviso anche dal Cavaliere, che non sembra convinto della bontà del decreto benzina e considera un «errore di valutazione» del Mef il mancato rinnovo dello sconto sulle accise. Ma non è l’unico fronte dove le distanze appaiono evidenti: c’è anche il Mes, che vede Fi, favorevole alla ratifica, che deve fare i conti con la contrarietà di Meloni.
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