Diverse mosse dei vertici del Partito-Stato cinese sembrano indicativi di una nuova linea in politica estera da parte di Pechino.
Più di un segnale infatti fa pensare che la Cina punti a una conciliazione con Stati Uniti e Europa, distanziandosi dall’avventurismo della Russia di Putin.
Cambiamenti in vista nella politica estera di Pechino? Più di un segnale sembra farlo pensare. In primo luogo la nomina del nuovo ministro degli Esteri. Via il falco Zhao Lijian, capofila dei «lupi guerrieri», la frangia più aggressiva della diplomazia cinese da anni impegnato in un braccio di ferro con l’Occidente.
Al suo posto Xi ha promosso l’ambasciatore cinese in Usa Qin Gang, 56 anni, fautore di una linea “morbida” e conciliatrice nei suoi anni americani. Una mossa che molti interpretano come un tentativo di ricucire i rapporti con Washington e, in generale, col mondo occidentale.
Secondo gli analisti Qin Gang si sta adoperando alacremente per preparare il treno a un viaggio di Xi Jinping negli Stati Uniti. La data utile potrebbe essere novembre, quando il presidente americano Joe Biden a San Francisco ospiterà il summit annuale dell’Apec (Asia-Pacific economic cooperation).
Pechino si distanzia da Mosca?
Il tentativo di recuperare un rapporto con Stati Uniti e Europa sul piano politico e commerciale si accompagna, in parallelo, a un certo distacco dalla Russia, anche se nella videoconferenza di fine anno di Xi con Putin il leader cinese ha affermato di essere disposto ad alzare il livello della collaborazione strategica con Mosca.
Ma Pechino sembra essersi resa conto che da un lato la vicinanza alla Russia, il sostanziale fallimento della politica «Zero Covid» e l’autoisolamento degli ultimi anni hanno fortemente intaccato l’immagine della Cina nel mondo. Oltre a danneggiare l’economia di quella che è la seconda potenza mondiale. Da qui la decisione di un cambio di rotta e i segnali di conciliazione mandati a Usa e Europa.
La sfiducia nei confronti Putin
A questa nuova consapevolezza si aggiunge la convinzione, riportata dal Financial Times sulla base di fonti cinesi, che il leader russo sia «pazzo» e che la Russia uscirà fortemente indebolita dalla logorante guerra in Ucraina. Senza contare che Pechino sembra convinta di essere stata giocata da Putin, che nell’incontro con Xi a Pachino, il 4 febbraio 2022, avrebbe nascosto le carte affermando che il Cremlino «non poteva escludere alcuna misura nel caso che i separatisti ucraini avessero attaccato il territorio russo». Ma Mosca aveva pianificato da tempo l’invasione scattata il 24 febbraio. Spingendo però la diplomazia cinese a maturare sfiducia nei suoi confronti.
Un errore di valutazione per il quale sembra aver pagato l’ex viceministro degli Esteri Le Yucheng, considerato il massimo espero dei rapporti con Mosca, che da autorevole candidato alla carica di ministro degli Esteri è passato a vicedirettore dell’amministrazione della radiotv. Un siluramento in piena regola.
Xi Jinping e i rapporti coi leader europei
Forse è presto per parlare di un vero e proprio riavvicinamento all’Occidente. Ma Pechino ha già dimostrato di saper cambiare velocemente le carte in tavola. Come col repentino abbandono della politica Zero Covid e la riapertura delle frontiere. Potrebbe avvenire qualcosa del genere anche con americani e europei. A ottobre qualche segnale di disgelo c’era già stato, col messaggio distensivo mandato da Xi al termine del congresso del Partito Comunista Cinese.
E a novembre sempre Xi ha accolto molto cordialmente il cancelliere tedesco Olaf Scholz. La stessa cosa ha fatto a dicembre col presidente europeo Charles Michel. Adesso sta per ricevere la visita del presidente francese Emmanuel Macron e del premier italiano Giorgia Meloni. Altri banchi di prova che diranno molto delle intenzioni di Pechino.