Dall’Europa arriva un giro di vite per ridurre l’inquinamento legato agli immobili. Gran parte delle emissioni nel Vecchio continente sono prodotte da edifici con una classe energetica bassa.
L’Europa stringe sulle emissioni degli edifici italiani, pubblici e privati. Entro il 24 gennaio infatti dovrebbe avere il via libera la direttiva europea per l’efficientamento energetico degli edifici. Attorno a marzo il testo dovrebbe aver preso forma in modo ufficiale.
La bozza del testo prevede che entro la data del 2030 tutti gli immobili residenziali e non dovranno aver raggiunto la classe energetica E. Una vera e propria corsa contro il tempo per l’edilizia italiana, se teniamo conto che circa il 60% degli edifici italiani ha una classe energetica F quando non addirittura G.
Il testo della direttiva però non si arresta qui e procede – anno dopo anno – verso un efficientamento energetico che nel lungo periodo (tra il 2040 e il 2050) dovrebbe portare gli edifici verso l’obiettivo agognato: zero emissioni.
Il pacchetto Fit to 55% fa leva sulle evidenze scientifiche secondo le quali agli edifici è riconducibile oltre un terzo delle emissioni responsabili dell’effetto serra nell’Unione Europea. L’Italia ha dunque meno di un decennio per adottare l’edilizia green, ma nel nostro Paese sono molte le abitazioni che sarebbe piuttosto costoso ristrutturare e efficientare sul piano energetico.
Una direttiva contestata
Fin dal 2021, quando venne proposta, la Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (come si chiama ufficialmente) ha scatenato un vespaio di polemiche. Il testo presentato non è ancora quello definitivo. Ma c’è da tener conto che è già stato largamente “filtrato” e mitigato da governi come quello italiano e quello polacco perché si abbassasse il tiro. Niente multa o divieto di vendere o affittare case con classe energetica inferiore a quella richiesta dalla Ue. E l’obbligo di ristrutturazione degli edifici al momento non prevede sanzioni.
La proposta europea prevede di portare almeno il 15% del patrimonio edilizio da una classe G a una F già entro il 1° gennaio 2027 per gli edifici non residenziali. E la stessa cosa, entro il 1° gennaio 2030, varrà per quelli residenziali. Non sono previste sanzioni o limitazioni a bonus (come il superbonus italiano) per centrare l’obiettivo.
Gli “step” della direttiva
Ogni Paese dovrà adottare la modalità e la tempistica più adatta al proprio territorio per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro il 2050. Dopo il primo step (ammodernamento de 15% degli edifici non residenziali entro il 2027), lo stesso procedimento sarà applicato per la seconda soglia di ammodernamento (efficientamento di almeno il 25% degli edifici entro il 2034).
Per gli edifici pubblici di nuova costruzione, a partire dal 2028 sarà obbligatorio il criterio delle emissioni zero, mentre per i privati l’obbligo scatterà dal 2030. Esclusi dagli obblighi di ristrutturazione, almeno per ora, gli edifici di culto, quelli storici e altre tipologie di fabbricati.