Carburanti a prezzi da record alle pompe di benzina. Colpa della fine dello “sconto sulle accise”, ma non solo.
Pesa anche l’embargo sul petrolio russo, che a febbraio si farà ancora più stringente.
A partire da gennaio gli automobilisti hanno nuovamente visto aumentare in un solo colpo il prezzo dei carburanti, con diesel e benzina lievitati di 18,3 centesimi al litro. Ovvero l’equivalente del taglio delle accise deciso per decreto e scaduto lo scorso 31 dicembre.
Col ritorno delle imposte sul carburante i prezzi alla pompa di benzina sono schizzati arrivando anche a superare i 2 euro al litro. Un aumento che ha scatenato, com’era prevedibile, le proteste degli automobilisti e ha portato le opposizioni a scagliarsi contro il governo targato Meloni.
A “calmierare” il prezzo di diesel e benzina era stato il governo guidato da Mario Draghi, che all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina aveva congelato i prezzi dei carburanti sforbiciando di 25 centesimi (più Iva) le accise. Un provvedimento rinnovato per tutto il 2022, con la consapevolezza che, una volta scaduta la misura, la patata bollente sarebbe caduta nelle mani del nuovo esecutivo.
Perché il taglio delle accise non sarà rinnovato
Giorgia Meloni ha scelto però di concentrare i 21 miliardi del pacchetto energia della manovra di bilancio su misure che non prevedono gli “sconti” su accise di benzina e gasolio da auto trasporto.
Questo per due ordini di ragioni, ricorda il Corriere della Sera. La prima ragione è puramente contabile: il governo Draghi aveva finanziato il taglio delle accise facendo leva sull’extra gettito assicurato proprio dai rincari alle pompe di benzina. Ma questo meccanismo di copertura non può essere più impiegato dopo che, a settembre dell’anno scorso, la Nadef (la nota di aggiornamento al Def) ha stabilito che l’extragettito non va considerato come un maggiore incasso, ma un incasso ordinario. E dunque non impiegabile per finanziare il taglio delle accise.
La seconda ragione è legata invece alle raccomandazioni provenienti da Bruxelles: una volta superata l’emergenza, occorre sostituire i bonus generalizzati con provvedimenti più selettivi e mirati.
Italia ai primi posti in Europa per il costo del carburante
Così facendo però, ha fatto osservare Assoutenti, l’Italia è tornata tra i Paesi europei dove fare benzina costa di più. Adesso l’Italia è il terzo Paese più caro in Europa (con una media di 1,891 euro al litro) per fare gasolio, preceduto solo da Svezia e Finlandia. Mentre per il prezzo della benzina (1,827 euro al litro) occupiamo la quarta piazza.
Prima del ripristino delle accise eravamo al dodicesimo posto per il diesel e al decimo per la benzina. Se consideriamo invece solo le imposte, l’Italia è al primo posto in Europa per la tassazione sul gasolio, con 0,958 euro di imposte al litro.
Perché il diesel potrebbe aumentare ancora
E adesso il diesel potrebbe salire ancora: fino a 2,5 euro al litro in autostrada, dice il Codacons. Ma anche la benzina (arrivata a 2,392 euro al litro sulla A1 Roma-Milano) non scherza. A far crescere i prezzi è anche il “doppio embargo” imposto dall’Europa al petrolio russo. Il primo – scattato lo scorso 5 dicembre sul greggio importato via nave – e il secondo, che comincerà a decorrere dal 5 febbraio.
Le stime parlano di un 30% di gasolio da sostituire, visto che delle circa 80 milioni di tonnellate di gasolio importate in Europa, 25 arrivavano dalla Russia. Quantità non facili da sostituire. Senza contare l’aumento dei costi di produzione per le raffinerie che lavoravano il greggio russo e hanno dovuto adattarsi ad altri tipi di greggio.