Parrucchiere abusò di una cliente che non si era ribellata, per il pm caso da archiviare. Ma il giudice lo condanna

Condannato a Cremona un parrucchiere accusato a aver abusato di una giovane nel 2018. Sotto choc, la ragazza fu bloccata da una paralisi emotiva e non riuscì a opporre resistenza.

L’uomo aveva ammesso il rapporto sessuale ma sosteneva che la ragazza fosse consenziente. Ma in primo grado il giudice ha deciso di condannarlo dopo due richieste di archiviazione da parte del pm.

Il fatto risale al 7 luglio 2018, quando verso le sei del pomeriggio una giovane va a farsi tagliare i capelli a Milano da un parrucchiere amici di famiglia. Ma lui, stando a quanto raccontato dalla ragazza, abbassa la saracinesca del locale. E dopo averle tagliato i capelli inizia a palpeggiarla per poi abusare di lei dopo averla svestita. Soltanto dopo, quando un’amica la vede scossa, la giovane riferirà della violenza subita.

Il punto critico della violenza stava nel fatto che, come aveva spiegato la stessa vittima, la ragazza non era stato in grado di reagire, rimanendo incredula e spaventata, bloccandosi fin dagli approcci iniziali del parrucchiere. Così aveva tenuto gli occhi chiusi, senza riuscire a urlare e a ribellarsi, subendo meccanicamente i movimenti che le faceva fare l’uomo.

Una dinamica del genere, unita alla versione dell’imputato che aveva ammesso sì l’approccio sessuale affermando al tempo stesso che la ragazza era consenziente, aveva spinto la procura a chiedere per due volte l’archiviazione del caso. La prima volta con l’argomento che non vi erano state violenze o minacce da parte dell’imputato. Invece la seconda richiesta di archiviazione era arrivata – dopo che il gip aveva chiesto un supplemento di indagine – anche a seguito di una perizia che escludeva la presenza di disturbi psichici che potessero aver minato le capacità di reazione della giovane.

Il gip respinge la richiesta di archiviazione

Tuttavia il giudice dell’udienza preliminare aveva respinto l’archiviazione ordinando ai pm di formulare l’imputazione coatta contro il parrucchiere. Il quale poi davanti al nuovo giudice ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato dopo aver ribadito che il rapporto era consensuale ma offrendo comunque 10 mila euro alla ragazza perché «addolorato per come lei aveva vissuto l’esperienza».

In primo grado però è arrivata la condanna: 4 anni di reclusione, senza attenuanti), 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, 1 anno di sospensione dall’attività di parrucchiere, oltre a 10 mila euro di provvisionale sul futuro risarcimento in sede civile alla parte offesa.

Le motivazioni della condanna

Nelle sue motivazioni il giudice, come riferisce l’edizione milanese del Corriere della Sera, ha sottolineato come «la condizione di inferiorità fisica e psichica prescinda da uno stato patologico di carattere organico e dunque non si ricolleghi automaticamente a deficienze psichiche, ma possa dipendere da situazioni ambientali o fattori traumatici (compresi quelli derivanti dal limitato processo evolutivo mentale e culturale della persona offesa) tali da impedirle di respingere efficacemente gli atti sessuali dell’agente e di esprimere un valido consenso». 

Nella fattispecie, per il giudice queste condizioni di inferiorità nella ragazza si sarebbero create quando l’uomo «approfittò dello stato dei luoghi, del rapporto di pregressa conoscenza, delle oggettive immaturità sessuale e ingenuità della giovanissima ragazza, subdolamente contando sul sicuro imbarazzo e vergogna che lei avrebbe provato a fronte di un approccio sessuale proveniente da un conoscente».

Perciò, conclude il giudice, «è comprensibile che la situazione del tutto inaspettata abbia traumatizzato la giovane che rimaneva letteralmente paralizzata, incapace di reagire, integrando così una condizione di particolare fragilità vulnerabilità e dunque minore resistenza all’altrui opera di coazione fisica e psicologica».

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