Sedici persone sono sotto processo accusate di truffa e vilipendio di cadaveri. Ecco che cosa è accaduto
Salme mutilate usando seghe e martelli, arti spezzati, per creare dello spazio nei loculi del cimitero di Prima Porta, a Roma. E ancora false cremazioni e anche una truffa ai danni dei familiari delle persone morte, persuasi nello sborsare 300 euro per spostare i cadaveri dei loro parenti, senza sapere che, in realtà, quelle salme sarebbero state sottoposte a smembramento.
Dagli atti di un’indagine che ha condotto a processo sedici imputati, tra dipendenti Ama e persone responsabili di pompe funebri, sono venuti fuori particolari delle suddette pratiche non solo macabre ma anche proibite. I reati di cui sono accusati sono vilipendio di cadavere e truffa. La municipalizzata, che si occupa di gestire i servizi cimiteriali, sotto l’assistenza del legale Giuseppe Di Noto, ha fatto una stima dei danni, ovvero sui 500 mila euro.
Su questo caso stanno indagando i carabinieri. Per quel che concerne le salme smembrate, la truffa scaturisce dal fatto che, dopo 20/30 anni da quando sono sepolti, l’affitto del loculo scade e a quel punto, i cadaveri in esso contenuti possono essere trasferiti all’interno dell’ossario, se sono divenuti scheletri.
Questa procedura è compito dell’Ama. In questo contesto, tali procedure sarebbero occorse prima del tempo e abusivamente, da persone che lavorano per l’Ama, in accordo con i gestori di una serie di pompe funebri. Il denaro richiesto di nascosto ai familiari dei defunti, che non avevano idea di cosa c’era sotto, delle pratiche svolte, era di circa 300 euro. Denaro che, secondo gli imputati, sarebbe servito «per procedere a idonea estumulazione della salma», come è scritto negli atti.
Ma quel che si ometteva in queste comunicazioni era che, in realtà, la salma sarebbe stata smembrata tramite seghe e martelli, come hanno scoperto i carabinieri, anche tramite foto e video che hanno mostrato i lavoratori Ama all’opera.
Nella costituzione di parte civile da parte della municipalizzata si stima si tratti di un danno economico di una certa gravità, «diretto e indiretto, oltre che d’immagine, che gli imputati hanno arrecato alla società, cui compete in via esclusiva il servizio di gestione cimiteriale svolto in regime di privativa, regolato dal contratto di servizio con Roma Capitale».
Il legale spiega che «si tratta di fatti raccapriccianti e di condotte di una gravità inaudita. Chiediamo che i responsabili vengano puniti come meritano. Contiamo anche di dimostrare a processo la presenza di episodi corruttivi».