Risolto il giallo di un omicidio avvenuto ben ventidue anni fa: quello di un operaio ucciso per sbaglio e sciolto nell’acido dai camorristi.
I due killer lo accusavano di avere una tresca con la sorella di uno dei due. E dopo averlo ucciso a sangue freddo sciolsero il corpo della loro vittima nell’acido.
Era il 30 luglio del 2000 quando si persero le tracce di Giulio Giaccio, 26 anni. Si scoprirà solo poi il tragico motivo della sua scomparsa. Lo avevano ucciso i camorristi. Ma lui con la mafia non aveva proprio niente a che vedere.
I due killer – due esponenti di spicco del clan Polverino – lo assassinarono per errore credendolo l’amante “indesiderato” che aveva osato insidiare la sorella di uno dei due, un boss dei Polverino.
Ma fu una svista. Che costò cara al povero Giaccio, freddato e poi sciolto nell’acido secondo un modus operandi tipicamente mafioso. Una morte terribile, col corpo distrutto con l’acido dopo l’esecuzione. Per la quale adesso, a oltre 22 anni di distanza, adesso sono stati identificati dei responsabili.
Al termine delle indagini coordinate dalla DDA, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli hanno notificato infatti nuove accuse e due ordinanze di arresto a carico di altrettanti esponenti di spicco del clan Polverino. I nomi sono quelli di Salvatore Cammarota, 55 anni, in carcere a L’Aquila, e di Carlo Nappi, 64 anni, detenuto invece a Livorno.
Ucciso per uno scambio di persona
Per giungere a fare chiarezza sul ‘cold case’ sono state cruciali le dichiarazioni rilasciate da alcuni collaboratori di giustizia, tra i quali Giuseppe Simioli, ex boss del clan Polverino, e Roberto Perrone. Successive indagini hanno permesso agli inquirenti di accertare la tragica verità. All’origine dell’omicidio dell’operaio napoletano (originario del quartiere Pianura) Giulio Giaccio ci sarebbe effettivamente stato uno scambio di persona.
Il 26enne fu scambiato per un certo Salvatore, l’uomo che intratteneva realmente una relazione clandestina con la sorella del boss Cammarota. Una liaison avversata, per mettere fine alla quale i due si finsero poliziotti costringendo Giaccio a salire a bordo della loro automobile per interrogarlo. L’operaio era in compagnia di un amico che diede l’allarme e avvertì i familiari.
Ma non servì a nulla. Malgrado Giaccio avesse negato a più riprese di avere una relazione amorosa con la sorella del boss, fu ucciso con un colpo di pistola sparato a bruciapelo, alla testa. E il suo cadavere verrà completamente distrutto dai camorristi, facendo ricorso all’acido. Una vicenda finita al centro di numerose indagini, tutte poi archiviate. Immediatamente dopo la sua scomparsa gli investigatori ascoltarono diversi parenti di Giaccio. Che confermarono tutti la totale estraneità del 26enne alla criminalità organizzata, con la quale mai aveva avuto alcun genere di rapporto.