Don Luca Favarin, sospeso dalla diocesi il prete dei migranti

Sospeso dalla curia padovana don Luca Favarin, il sacerdote in contrasto con la diocesi per via delle sue attività di accoglienza dei migranti.

L’annuncio della rottura è stato dato sui social. All’origine dello strappo contrasti con la curia sulla gestione delle attività di accoglienza.

Don Luca Favarin – Meteoweek

A comunicarlo è stato lui stesso, sulla sua pagina Facebook. «Da oggi… sospeso a divinis ai sensi del can. 1333.1 del diritto canonico… Sic transit gloria mundi… ma resta e resterà sempre la felicità e la forza di una vita che ci coinvolge per servire e amare con serenità e un cuore abitato dalla gioia…». Questo il post di don Luca Favarin, che si conclude con un commento che sa tanto di frecciata nemmeno troppo nascosta: «Umiliazione? Frustrazione? Io oggi mi sento come Mosè che, spalle a un luogo diventato ormai di potere e oppressione, guarda in avanti alla ricerca di una terra promessa…».

Per lui è scattata la sospensione a divinis, la misura canonica che fa perdere le funzioni sacerdotali. Tra le quali quella di poter celebrare messa.

L’origine delle tensioni con la Diocesi

Una decisione, quella della Diocesi patavina, che arriva al culmine di tensioni inaspritesi negli ultimi tempi, come mostrano i resoconti postati da don Favarin sui social. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la rete di accoglienza dei migranti organizzata a Padova dal sacerdote. Un sistema che comprende tra le sue attività il villaggio Kidane, dove trovano accoglienza i migranti. Ma anche il bar Versi ribelli, vicino al cinema Astra, la Caffetteria al Museo Eremitani e il Ristorante etico Strada Facendo.

Una rete a cui la chiesa padovana ha guardato con una crescente diffidenza, sospettando un indirizzo troppo «lucrativo». Così, si legge in un comunicato della Diocesi, «pur riconoscendo lo spirito umanitario e solidale che anima l’operato di don Luca Favarin, da parte sua non si è trovata condivisione di metodo, la Diocesi pertanto non può essere coinvolta nelle sue attività, che vengono ad assumere carattere imprenditoriale».

L’ultimo incontro – che doveva essere chiarificatore – non è valso a colmare le distanze tra il sacerdote e la curia. Favarin aveva parlato di «uno stop definitivo senza appello» che era nell’aria. Al punto che qualche giorno fa aveva detto: «Se per gestire le emergenze con questi metodi dovrò rinunciare all’abito, lo farò».

Nel post in cui annunciava la misura della sospensione a divinis, Favarin ha lamentato la mancanza di interessamento da parte dei suoi superiori diocesani. «Tutto questo senza che una volta, una sola volta in 20 anni, l’istituzione ecclesiastica sia venuta in comunità, mi siano state chieste le ragioni, abbiano ascoltato le radici cristiane, ecclesiali e comunitarie con cui facciamo le cose, senza guardare ma solo vedendo dalla finestra del palazzo. Si accoglie questo in silenzio e senza rabbia alcuna».

I numeri delle coop

Nei giorni scorsi erano circolate le cifre della cooperativa presieduta da don Favarin. Con un valore della produzione registrato in bilancio passato da 1,7 milioni nel 2019 a quasi 1,5 milioni nel 2020, fino a crollare a 515 mila euro nel 2021. Malgrado il brusco calo, l’utile però è aumentato dai 65 mila del 2020 fino ai 306 mila del 2021. La discesa del fatturato peraltro sembra essere solo il prodotto di un effetto contabile, riconducibile a una cessione di ramo d’azienda da parte della cooperativa madre (Percorso Vita) alla neonata (a fine 2020) Percorso Altro. Oltre alle prime due, don Favarin si occupa di un’altra società: Percorso terra, nel settore dell’agricoltura.

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