Biden fa descretare decine di migliaia di documenti dell’intelligence per spazzare via le teoria del complotto sulla morte di Kennedy.
Vari passaggi nei documenti messi a disposizione in rete parlano dell’Italia. Di particolare interesse il giudizio degli 007 americani sul fondatore dell’Eni morto misteriosamente sessant’anni fa.
Oltre tredicimila documenti “riservati” e collegati all’uccisione del presidente John F. Kennedy a Dallas, il 22 novembre del 1963, sono stati messi in rete sul sito dei National Archives, gli archivi di Stato americani (archives.gov). Lo ha deciso l’Amministrazione Biden con una misura anticipata da un messaggio inviato ieri pomeriggio da Biden. Un’operazione, ha spiegato l’inquilino della Casa Bianca. «per garantire il massimo della trasparenza del governo degli Stati Uniti».
Non sono stati desecretati tutti i sedicimila documenti dell’archivio, a lungo tenuti sotto chiave su pressione dell’intelligence. I servizi temevano per possibili ritorsioni nel caso fosse stata rivelata l’identità degli informatori. Anche a distanza di molto tempo. Soltanto il 70 per cento perciò è stato desecretato, centinaia di nomi sono stati cancellati. Ma i documenti resi pubblici dovrebbero – così almeno auspica l’amministrazione Biden – a fare piazza pulita delle teorie del complotto sull’attentato a Kennedy, che secondo i cospirazionisti sarebbe stata tutta una messinscena e il presidente sarebbe ancora in vita (anche se oggi sarebbe ultracentenario).
Molti dei documenti emersi – in gran parte provenienti dalla Cia – riguardano le mosse di Lee Harvey Oswald. Ovvero l’uomo che la commissione Warren del Congresso ha indicato come l’attentatori solitario che 59 anni fa avrebbe ucciso Kennedy. Non ci sarebbe dietro nessun complotto pianificato da mafia e servizi deviati, anche se non mancherebbero contatti tra alcuni protagonisti dell’attentato al presidente e gli 007. In un file pubblicato (22 giugno 1962) si accenna a Oswald come contatto della Cia da più di un anno, ben prima dell’agguato a Kennedy.
Ma c’è spazio, tra le decine di migliaia di file desecretati, anche per storie che riguardano l’Italia, citata almeno sei volte. Tra queste, la parte più intrigante sembra quella relativa a Enrico Mattei, il fondatore di Eni morto in circostanza misteriose nel 1962 in un incidente aereo. Come scrive Repubblica, «il capo della Cia a Roma non sembra avere dubbi: Enrico Mattei era un fascista, si era rifatto l’immagine comprando per cinque milioni di lire il titolo di partigiano dai democristiani, e forse per queste sue origini si oppone agli interessi americani in Italia. Lo pensa e lo scrive, Lester Simpson, in un rapporto inviato l’11 agosto del 1955 alla “Company”, intitolato “U.S. Embassy and Italian Petroleum Industry”. Un documento che forse aiuta a chiarire, se non riaprire, il caso della misteriosa morte del leader dell’Eni», scrive il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari.
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