Vendevano diritti sulla Cappella Sistina: maxi truffa ai Musei Vaticani

Un sito americano ha svolto un’inchiesta che non ha sinora trovato riscontro e che il Vaticano non ha commentato. I Musei Vaticani fanno sapere che non c’è alcuna indagine né denuncia 

Un sito americano parla di una presunta truffa milionaria ai danni dei Musei Vaticani, un presunto “furto high tech di opere d’arte“. Un’azienda, infatti, avrebbe millantato diritti di riproduzione delle opere che sono ai Musei Vaticani, a partire dalla Cappella Sistina, domandando «accordi a sei cifre».

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Ad affermarlo è il The Daily Wire, sito Usa, smentito dall’azienda in questione e da quella che avrebbe rischiato di essere truffata. Dal Vaticano non sono giunti commenti in proposito, e i Musei si limitano a far sapere che in Vaticano non ci sono indagini o denunce.

A raccontare di questa presunta truffa, nell’articolo, è un’avvocata di New York, Sarah Rose Speno, che afferma di aver chiamato nel marzo scorso, per l’esposizione di un cliente, una casa editrice del nostro Paese, che anni fa aveva editato «un grande libro con immagini ad alta risoluzione degli interni del Vaticano, compresa la Cappella Sistina». 

Il legale dice di aver avuto dei sospetti, a seguito di una richiesta di 550 mila dollari e un bonifico di 82.500 dollari come anticipo. L’avvocato spiega che l’intesa è stata risolta quando la casa editrice «non è stata in grado di fornirci un consenso documentato da parte del Vaticano».

Il Daily Wire scrive che nel contratto che la casa editrice avrebbe dato a Speno, l’azienda aveva «ottenuto l’accesso esclusivo alla Cappella Sistina dai Musei Vaticani nel 2015. Ma i documenti esaminati dal Daily Wire suggeriscono che l’accordo riguardava solo l’accesso per scattare immagini ad alta risoluzione delle opere d’arte del Vaticano per un libro in edizione limitata, dal prezzo di oltre 22 mila dollari a copia. I Musei Vaticani hanno dichiarato al Daily Wire che i diritti di licenza di questa casa editrice sulle immagini ottenute nel 2015 erano contrattualmente ristretti, limitati esclusivamente alla loro società, per un solo progetto».

Il giornale americano spiega di aver contattato il vicedirettore dei Musei Vaticani, monsignor Paolo Nicolini, che ha negato di aver permesso «alla società in questione l’autorizzazione per la vendita dei diritti sulle opere d’arte», e fa osservare che il 7 novembre, Nicolini è stato in udienza dal Papa. Il giornale afferma anche che la casa editrice «ha venduto i diritti di licenza più di un anno fa a Lighthouse Immersive per la sua mostra “Immersive Vatican”, lanciata a ottobre», e che il legale «sospetta che quella mostra sia stata agevolata da un contratto» della casa editrice «molto simile a quello da lei rifiutato».

La casa editrice in questione, Scripta Maneant, ha replicato e ha negato ogni addebito definendo tali «accuse infamanti». Hanno precisato di non aver mai asserito né lo faranno mai, «di poter cedere a chiunque alcuna immagine o alcuna licenza di immagine, né per questo tipo di attività né per attività di carattere più squisitamente editoriale».

La casa editrice ha poi voluto chiarire che l’ipotesi di intesa riguardava 40 mostre, e che Speno, «a noi presentatasi come avvocatessa e con una delega firmata dalla presidente della società MMI, dottoressa Marylin Goldberg – delega solo di recente risultata poi estorta dalla Speno secondo dichiarazione della sig.ra Goldberg stessa – a seguito di lunghe trattative con noi, ha da noi ottenuto un accordo secondo il quale Scripta Maneant avrebbe dovuto fornire, per la somma complessiva di euro 550 mila, fino a 40 mostre riguardanti i Maestri del Rinascimento, da esporre in 40 musei compresi tra Canada, Stati Uniti e Messico.

Da cui, considerando i costi di riprese fotografiche, licenze ai Musei Vaticani e ad altri musei e i costi di realizzazione dei video, il prezzo richiesto non solo è legittimo ma è al di sotto della media di questi nuovi mercati perché in realtà se MMI avesse attivato tutte le 40 mostre, ciascuna di esse gli sarebbe costata solo 13.750 euro».

Nel frattempo, la Museum Masters International si è dissociata da quanto fatto dall’avvocata e ha annunciato di averla licenziata, spiegando di non aver nulla a che fare con l’accaduto.

 

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