Sparatoria di Roma, i punti oscuri del killer: come ha progettato la strage? Dalla fuga all’estero all’ipotesi di pazzia. Nel frattempo, Campiti è comparso davanti al gip.
Proseguono senza sosta le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Roma. L’obiettivo è quello di far luce sui diversi punti oscuri della vicenda, che vede protagonista Claudio Campiti. Non è ancora chiaro, infatti, come il 57enne romano sia riuscito a procurarsi l’arma con cui ha dato luogo alla strage, e nemmeno in che modo abbia potuto custodire i soldi incassati del reddito di cittadinanza.
Nel frattempo, si è tenuto poco fa l’interrogatorio di convalida del fermo di Claudio Campiti. Sarebbe durato poco più di un’ora, ma il killer di Fidene pare non abbia risposto alle domande chiave sulla vicenda.
Uno dei punti su qui stanno assiduamente lavorando gli inquirenti riguarda il tenore di vita di Campiti. L’uomo viveva nel rudere nel Consorzio Valleverde, in una pseudo abitazione dove non aveva a disposizione nemmeno l’acqua. Secondo quanto è stato ricostruito, infatti, il 57enne doveva riempire ogni giorno delle taniche alle fontanelle di Rocca Sinibalda. Inoltre, sarebbero stati ritrovati allacci elettrici abusivi. Per vivere, l’uomo faceva affidamento al sussidio statale, incassando ogni mese il reddito di cittadinanza. Come veicolo aveva soltanto una vecchia Ford Ka. Nonostante le sue condizioni, sarebbe stato sempre in grado di pagare l’iscrizione annuale al poligono di Tor di Quinto, di circa 400 euro l’anno. Non si esclude, tuttavia, che qualcuno lo aiutasse con le spese.
E proprio per quanto riguarda il poligono di Tor di Quinto, rimane ancora poco chiaro il modo in cui il 57enne abbia ritirato e portato via una Glock 41 a noleggio. L’uomo sarebbe uscito dalla struttura portandosi via l’arma senza essere notato da nessuno, approfittando probabilmente di alcune falle nel regolamento del club. C’è anche da sottolineare che nel complesso l’uomo era già conosciuto, ed era addirittura in possesso della tessera Platinum.
L’uomo si sarebbe poi recato sul luogo della strage con la pistola, ma la valigetta nella quale avrebbe dovuto essere contenuta (come per tutte le armi a noleggio) non è stata ritrovata. Che fine ha fatto la custodia? Se n’è sbarazzato prima di arrivare alla riunione di condominio?
E soprattutto, quale sarebbe il criterio usato dal killer per sparare e uccidere i presenti alla riunione? Chi voleva veramente colpire? Il suo intento era quello di freddare tutti i partecipanti, o soltanto i membri del Consorzio? Dalle ricostruzioni, è emerso che Campiti ha cominciato a sparare verso chi sedeva al tavolo a destra, ovvero quello del cda del Consorzio. Ad essere raggiunti dai proiettili sono stati Sabina Sperandio, Nicoletta Golisano, Fabiana De Angelis, e la presidente Bruna Marelli. Durante l’intervento di Silvio Paganini, che si è buttato addosso al killer, sarebbero poi partiti altri colpi: oltre all’”eroe”, a rimanere ferita è stata anche Elisabetta Silenzi, che sedeva nel banchetto a sinistra. Dall’autopsia sarebbe emerso che quei colpi sparati sarebbero stati frutto di una vera e propria esecuzione.
Altro punto oscuro riguarda il possibile piano di fuga da parte del killer. Del resto, nell’auto di Campiti è stato ritrovato (oltre a degli indumenti di ricambio, con i quali avrebbe probabilmente dovuto ripulirsi dopo la strage) anche un passaporto. L’ipotesi è che avesse progettato di scappare all’estero, magari anche con l’aiuto di qualcuno. Ora, al setaccio sono finiti sia i contenuti delle chat dei social dell’uomo, che un tablet.
Una fuga lontano dalla giustizia e anche dai suoi famigliari, con cui in realtà non aveva più rapporti da ormai diverso tempo. Chiusi i contatti con l’ex moglie Rossella Ardito, così come con le figlie Sveva e Costanza. Un allontanamento che risalirebbe già alla vicenda legata alla morte del figlio maggiore Romano, schiantatosi sulle nevi della Val Pusteria.
E, proprio da questa vicenda, c’è chi ipotizza persino l’ipotesi di infermità mentale. Secondo alcuni, infatti, l’uomo sarebbe andato fuori di testa dopo la tragica scomparsa del figlio. Anche per questo, si apprende, si ipotizza la richiesta da parte della difesa della semi infermità mentale. Eppure, al poligono era stato presentato un certificato di idoneità psicofisica. Inoltre, i dettagli in merito ai soldi messi da parte, al passaporto e al bagaglio pronto permetterebbero agli inquirenti di contestare l’aggravante della premeditazione.
Si continua a lavorare senza sosta, allora, per riuscire a capire cosa si nasconde dietro la figura di Campiti, e cosa abbia veramente spinto l’uomo a compiere una strage del genere.
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