Il giovane ha giocato per il Tractor, team della Persian Gulf Pro League. Ecco che cosa è successo
Lo hanno condannato a morte per essersi battuto per tutelare i diritti delle donne, affinché potessero essere libere. E per farlo, ha fatto sentire la propria voce, gridando slogan. Ma è bastato questo perché il regime lo condannasse a morte.
Lui è Amir Nasr-Azadani, 27 anni, calciatore professionista. Nelle ultime ore è partita una campagna a livello mondiale per salvarlo dalla condanna a morte che gli è stata inflitta. La FifPro, sindacato internazionale che si occupa dei giocatori di calcio, ha espresso il proprio disappunto per questa condanna, e ha chiesto il ritiro della condanna a morte del 27enne.
Da circa tre mesi, l’Iran è sul punto di finire nel bel mezzo di una guerra civile dopo le manifestazioni contro il governo che si sono sparse a macchia d’olio a seguito del decesso di Mahsa Amini, 22 anni, giovane uccisa dalla polizia morale locale nel settembre scorso. La ragazza era stata arrestata perché non aveva messo il velo in modo corretti, coprendo i capelli come stabilito dalle regole islamiche.
Amir non è il solo ad aver subito il drammatico provvedimento repressivo. Due ex calciatori della nazionale dell’Iran erano finiti in manette, anche se poi li avevano rilasciati, tramite una cauzione nel mese di novembre. L’ex giocatore Voria Ghafouri era finito in manette con l’accusa di «aver infangato la reputazione della squadra nazionale e aver diffuso propaganda contro lo Stato», mentre l’ex calciatore Parviz Boroumand era accusato di aver preso parte a manifestazioni di protesta nella capitale iraniana.
I due sono stati rilasciati alcune ore prima dell’ultimo match di Coppa del Mondo dell’Iran. Prima di essere sconfitti dall’Inghilterra per 6 a 2 il 21 novembre scorso, la squadra dell’Iran aveva osservato silenzio mentre ha suonato l’inno nazionale.
Nasr Azadani, come riporta il Telegraph, ha militato come giocatore nel Tractor, squadra della Persian Gulf Pro League. Ieri un’altra persona è stata impiccata dopo la condanna a morte a Mashhad. L’uomo è stato condannato a morte, come comunicato dalle autorità, con l’accusa di aver «aver mosso guerra contro Dio, dopo aver accoltellato a morte due uomini delle forze di sicurezza».
Amnesty International ha comunicato che le autorità dell’Iran stanno chiedendo la condanna a morte per circa 21 persone in quelli che ha descritto come «processi farsa progettati per intimidire coloro che partecipano alla rivolta popolare che ha scosso l’Iran».