Teheran usa il pugno duro contro i manifestanti delle proteste: le cifre ufficiali parlando di 11 condanne a morte.
Ma per le ong umanitarie sono più del doppio le persone destinate a salire sul patibolo. Ci sono anche dei minorenni tra loro.
Sono almeno undici i manifestanti condannati a morte in Iran per le proteste che da settembre agitano la Repubblica Islamica. Che fanno dodici con Mohsen Shekari, il 23enne già giustiziato ieri per impiccagione. La sua è stata la prima condanna a morte di un manifestante delle proteste anti-velo.
Ma altri presto potrebbero seguire la sua sorte. I magistrati iraniani non hanno reso noti i loro nomi, soltanto il numero dei condannati alla pena capitale: undici appunto. Ma per Amnesty International sono più del doppio quelli che rischiano il patibolo: l’associazione umanitaria parla di almeno 28 persone. Ma i loro nomi, spiega l’ong Iran Rights Watch (con sede in Norvegia), vengono tenuti «volutamente nascosti dalle autorità della Repubblica Islamica». La ragione del segreto sui nomi è «ridurre i loro contatti con le famiglie, e impedire un equo accesso alla difesa». Shekari, impiccato ieri, è stato solo il primo.
Condannati a morte anche tre minorenni
Secondo le due principali ong che monitorano la situazione dei diritti umani in Iran – Hrana e Iran Rights Watch – le condanne alla pena capitale sarebbero arrivate in due distinti processi, celebrati il 30 novembre e il 5 dicembre. Tra i condannati, tre sarebbero minorenni. Si tratta di due 17enni arrestati a Karaj. Sono accusati di aver ucciso, durante una rissa, il basij (così si chiama la milizia paramilitare) Ruhollah Ajamian. Il suo nome figura nell’elenco dei “martiri” morti in servizio comunicati dalla magistratura iraniana.
I ragazzini sono finiti agli arresti il 14 novembre, due giorni dopo la morte di Ajamian. La sentenza che li condanna a morte – illecita a norma di diritto internazionale e secondo la Convenzione sui diritti dell’infanzia, sottoscritta anche dall’Iran – è arrivata in meno di un mese.
Si sanno con certezza, oltre ai tre diciassettenni, soltanto due nomi dei sei condannati il 30 novembre: quelli di Mohammad Ghobadlu e di Sahand Nour Mohammadzadeh. Il primo avrebbe investito una macchina della polizia uccidendo un agente, mentre il secondo avrebbe incendiato un edificio pubblico.
Le condanne del 5 dicembre
Inoltre lo scorso 5 dicembre il tribunale rivoluzionario della provincia di Alborz ha inflitto delle condanne a morte a altre cinque persone. Si tratta di 5 dei 16 imputati per la morte di un poliziotto, ucciso il 3 novembre sulla strada tra Karaj e Qazvin, a nordovest di Teheran. Stavano manifestando in un corteo per l’uccisione di un loro concittadino, Hadis Najafi, quando sono stati aggrediti dalle forze di sicurezza. Iran Rights Watch denuncia e parla di «confessioni estorte» per loro.
Rimandata invece l’esecuzione di Majidreza Rahnavard, un altro manifestante arrestato a Mashad. I magistrati lo accusano di aver accoltellato a morte due guardie, condannandolo a essere giustiziato per moharebeh (inimicizia contro Dio). Doveva andare sul patibolo a novembre, ma l’esecuzione è stata rimandata.
È arrivata la smentita invece per la condanna a morte di Fahimeh Karimi, allenatrice di pallavolo e madre di tre figli, per la quale da giorni è in coso una mobilitazione anche internazionale. Era stata la compagna di cella di Alessia Piperno, la travel blogger italiana arrestata a settembre e imprigionata nel carcere di Evin (Teheran), prima di essere liberata il 10 novembre.