Buona tenuta da parte del mercato della casa: nel 2022 i rogiti sono aumentati rispetto all’anno passato.
Nell’ultimo trimestre però la corsa alla casa sembra essere rallentata. Pesano la crisi economica e l’aumento del costo del denaro.
Il mercato della casa, nel terzo trimestre dell’anno, è andato meglio delle previsioni. Secondo i dati forniti dall’Agenzia dell’entrate si sono perfezionate 175.268 compravendite: +1,7% rispetto allo stesso periodo del 2021. Nei primi nove mesi del 2022 in complesso i rogiti sono aumentati del 7,4%.
Detto questo, anche il mercato della casa risente delle ricadute della crisi economica e dell’aumento del costo del denaro. L’aumento trimestrale risulta infatti nettamente più basso rispetto a quello registrati nei trimestri precedenti. Sono calati, anche se non in maniera vertiginosa, anche gli acquisti tramite mutuo.
Il mercato più frizzante per la casa, quello di Milano, è calato del 5% in questo trimestre (sempre rispetto ai dati del 2021), mentre a Roma l’aumento è stato in linea con la media italiana. Bisogna anche considerare, nel leggere i dati, che l’Agenzia delle entrate considera il momento del rogito. Ma il momento effettivo in cui viene venduta la casa è la firma del compromesso, settimane se non mesi prima di firmare il rogito. Il che significa che i dati vanno riferiti a operazioni precedenti all’estate.
Altri sondaggi, come quello congiunturale condotto sempre dalle Entrate, assieme a Bankitalia e Tecnoborsa, segnalano che dopo la pausa estiva una decisa frenata nelle aspettative delle agenzie immobiliari.
A giocare un ruolo importante nella tenuta delle transazioni sulle case c’è senz’altro l’inflazione: si compra casa anche per difendere i propri risparmi. Lo suggeriscono due dati del rapporto delle Entrate: la diminuzione degli acquisti di case finanziati col mutuo e l’aumento, invece, degli acquisti con richiesta delle agevolazioni prima casa. Tutti segnali che indicano che si sta acquistando per investire, per cercare un superiore confort abitativo.
Si tratta di un fenomeno segnalato anche dal recente rapporto sul mercato immobiliare di Nomisma. Se in pandemia le famiglie cercavano case più spaziose dando meno peso alla collocazione dell’immobile (a condizione che la fibra permettesse un efficiente possibilità di lavorare da casa, in smart working), adesso c’è una ripresa di interesse per i capoluoghi. Un fatto che si spiega anche con le migliori prospettive di tenuta di valore nel tempo date dai centri cittadini. A comprare sono famiglie che hanno accantonato risparmi a sufficienza per poter acquistare casa senza ricorrere al mutuo, grazie anche alla vendita della casa in cui vivono. E che sarebbero disposte a comprare abitazioni nuove. Soprattutto nei grandi centri, se ve ne fosse la possibilità.
C’è poi il capitolo mutui. Oggi a parità di tasso la scelta appare praticamente obbligata: si punta sul mutuo a tasso fisso, adesso più conveniente del variabile. A novembre l’Euris, il parametro che funge da base per i mutui a tasso fisso, è calato nettamente.
È cresciuto sensibilmente invece l’Euribor, il parametro di riferimento dei mutui a tasso variabile.
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