Accusato dalla ex-compagna, a incastrarlo ci sarebbero anche le prove del Dna. Il delitto si è consumato nell’ambito della malavita romana e dello spaccio di sostanze stupefacenti.
E’ stato rinviato a giudizio Raul Calderon Esteban, l’uomo accusato di essere l’assassino di Fabrizio Piscitelli, meglio conosciuto come Diabolik, il noto capo ultrà dei tifosi della Lazio. L’omicidio avvenne il 7 agosto del 2019 al parco degli Acquedotti di Roma, la vittima fu uccisa con un colpo di pistola alla nuca.
Per Calderon ci sono le prove del Dna a incastrarlo, il reato contestato è quello di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi, il processo si svolgerà in corte di assise il 23 febbraio del 2023. E’ accusato anche dell’omcidio di Shehay Selavdi avvenuto a Torvaianica il 20 settembre 2020, per questo reato andrà a giudizio insieme a Enrico Bennato e Giuseppe Molisso.
Stando a quanto scritto al gip di Roma Tamara De Amicis nell’ordinanza di convalida del fermo e di applicazione di misura cautelare in carcere per l’assassino di Diabolik: “È acclarato che Calderon svolga la funzione di killer in maniera per così dire professionale. Le intercettazioni hanno consegnato addirittura la programmazione di futuri fatti di sangue ai danni di soggetti noti agli interlocutori, con la partecipazione, sempre nella qualità di sicario, dell’indagato“.
Raul Esteban Calderon ha in passato diverse condanne per furto e rapina ed è un nome molto conosciuto nell’ambito della malavita romana. Francisco, così chiamato nell’ambiente, è stato incaricato dell’omicidio di Piscitelli per regolare questioni di spaccio di droga.
A incastralo ci sarebbe l’ex-compagna di Calderon, la quale avrebbe raccontato alla polizia che il fidanzato fosse il killer di Piscitelli e di Selavdi. “Un giorno ho lasciato la bambina con la baby sitter e sono andata a Roma chiedendo in prestito l’autovettura alla mia vicina (la nostra l’aveva Raul con sé). – ha raccontato la donna che si è autodefinita ‘Buscettina‘, per aver collaborato alle indagini – Avevo compreso che Raul aveva di nuovo soldi a sua disposizione. L’ho trovato nella nostra casa di Roma e lui ha tirato fuori da un cassetto 7000,00 euro e mi ha detto che sarebbero arrivati altri soldi. Gli ho chiesto se avesse fatto una rapina e lui ha detto di no, di stare tranquilla perché sarebbero arrivati altri soldi; gli ho chiesto di dirmi cosa ne avesse fatto delle pistole in particolare della 9X21 perché proveniva da una rapina. Lui mi ha detto che la 9X21 non c’era più. Siamo tornati nella casa di Roma, abbiamo passato il pomeriggio nel letto, ci siamo riavvicinati e mi ha dato 500 euro da portare via”.
“Io, non fidandomi completamente, ho ripreso a parlare dell’arma e gli ho chiesto di nuovo notizie della 9X21. Lui mi disse che non poteva dirmi nulla, di stare tranquilla perché avrebbe pensato lui ai bisogni miei e di India anche in caso di mia carcerazione. In quell’occasione mi ha detto quello che era successo e cioè di aver ucciso Diabolik, che Leo era il mandante, che il motivo era personale, nel senso che Leo era considerato “infame” da Diabolik e che stava spargendo o avrebbe potuto spargere questa voce. Raul mi ha detto che aveva avuto centomila euro in contanti da Leo e siccome era poco ma Leo non aveva altro contante, ali avrebbe dato 4000 euro al mese ed avrebbe continuato a lavorare con lui. Il nome Raul è falso, quando sua sorella lo chiamava dall’Argentina, lo appellava Gustavo, questa circostanza lo faceva arrabbiare moltissimo“.
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