Un bambino di 20 mesi con la febbre alta da giorni, che non scende, e l’impossibilità di contattare un pediatra per una visita, neanche in pronto soccorso.
Un vero calvario, quello vissuto da un bambino di 20 mesi con l’influenza, per farsi visitare da un pediatra. È accaduto a Milano, dove un bimbo con la febbre da giorni, non riusciva a trovare un pediatra che lo visitasse, neanche in pronto soccorso.
Ma andiamo con ordine. In un lungo sfogo su Twitter, come riporta Il Corriere della Sera, i genitori di un bambino di 20 mesi hanno raccontato la loro esperienza, che, come poi emerso da altre testimonianze simili, è stata anche quella di altri genitori. Giorgia e il marito hanno due figli maschi, il più piccolo ha 20 mesi, l’altro due mesi.
La scorsa domenica, il figlio maggiore, che va all’asilo nido, inizia a manifestare febbre e tosse. La febbre gli sale a 40 gradi. I genitori si prendono cura di lui dandogli degli antipiretici e il giorno dopo contattano il pediatra, ma non risponde. La donna spiega che il medico non ha risposto per «disinteresse, ma perché era talmente bombardato di telefonate e messaggi, che il telefono era costantemente occupato, non riusciva nemmeno a prendere la nostra chiamata».
Nel frattempo, il tempo passa e il piccolo non migliora, la febbre non va mai sotto i 39 gradi. La sera di mercoledì, i genitori decidono di portare il figlio in ospedale, al Buzzi, dove rimangono fino alle due di notte, poi tornano a casa. La donna spiega che era talmente affollato il pronto soccorso, con tantissime famiglie in attesa, i cui bimbi manifestavano gli stessi sintomi del loro bimbo. Dopo due ore per l’accettazione, ricevono il codice verde e si accorgono che prima di loro c’erano altre 42 persone in codice verde, in attesa di visita.
A quel punto, un infermiere paventa loro un’attesa molto lunga tra sei e dieci ore. La donna prosegue spiegando:«Peraltro, non essendoci più posti a sedere, ci eravamo sistemati per terra, come altri. La febbre era momentaneamente scesa con un antinfiammatorio e abbiamo deciso di tornare a casa».
Mentre attendevano, i genitori parlano tra loro delle esperienze avute, e c’erano anche persone che avevano fatto il giro dei vari pronto soccorso, ma avevano riscontrato la stessa difficoltà ovunque. «Tutti riferivano di non riuscire a raggiungere i pediatri: chi non rispondeva, chi non aveva spazio per le visite». La donna prosegue spiegando che certo, non bisognerebbe recarsi in pronto soccorso se non strettamente necessario, ma «un genitore, di fronte a una febbre a 40 gradi che persiste da giorni, senza un parere medico cosa può fare? Non c’è solo l’influenza a dare febbre alta, ci sono anche patologie più gravi, come la meningite».
Finalmente, ieri, la donna è riuscita a fissare un appuntamento con il pediatra. La donna ha anche detto che purtroppo la situazione è un po’ come un cane che si morde la coda, in quanto i medici pediatri hanno «troppi pazienti, i genitori respinti, in presenza di certi sintomi, si spaventano e vanno nei pronto soccorso che così si ingolfano». All’ospedale Buzzi, quel giorno, hanno cercato di fare quanto potevano, ma pare avessero avuto 150 accessi in un solo giorno. Il pediatra ha detto alla donna che i bimbi sono molto più vulnerabili a seguito del Covid. Quelli che vanno all’asilo nido hanno una maggiore esposizione alle infezioni, ma non è possibile non portarli:«il sistema sanitario che deve rispondere con i servizi di base. Deve mettere il proprio personale in condizione di rispondere. Anche questa è malasanità», ha chiosato.
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