Riccardo Faggin muore alla vigilia della laurea, il papà: “Si è sentito in trappola e io non l’ho capito”. L’appello dell’uomo ad altri genitori: “La paura di deluderci può diventare, per i nostri figli, insopportabile”.
Riccardo Faggin, giovane ragazzo di 26 anni, è morto qualche giorno fa in un bruttissimo incidente stradale, schiantandosi contro un platano. Una morte improvvisa, imprevista, quella del ragazzo che si sarebbe dovuto laureare in scienze infermieristiche. A casa la sua famiglia stava già preparando le celebrazioni per quel suo grande giorno.
Un giorno, però, che non si sarebbe dovuto verificare. La notifica, infatti, è arrivata dall’Università, che avrebbe dichiarato come non era prevista alcuna sessione di laurea e che a Riccardo, in realtà, mancava ancora qualche esame da sostenere. Sulla sua morte, allora, aleggiano ombre e misteri; suo padre, raggiunto dalla redazione del Corriere, ha provato ad analizzarne qualcuno.
Il padre di Riccardo, Stefano Faggin, non si da pace. Insieme ai suoi famigliari, sta cercando di capire il motivo dietro una simile morte, un gesto – quello di suo figlio – che potrebbe essere stato volontario. Il sinistro, avvenuto proprio alla vigilia della presunta laurea del giovane, ha infatti destato non pochi sospetti: perché Riccardo avrebbe dovuto mentire ai suoi affetti?
Il giovane si è schiantato contro il platano nella notte tra lunedì e martedì. La sua corsa è finita rovinosamente contro un albero, a circa un chilometro di distanza da casa. Lo stavano aspettando tutti. Tutto era pronto per quel fatidico giorno: il vestito nuovo, le bomboniere, il ristorante, i fiocchi rossi in giardino, il regalo (“i soldi per un viaggio in Giappone che non farà mai“, racconta suo padre). Tutto era stato organizzato alla luce di quella che, poi, si è rivelata essere una bugia.
Nessuna tesi, nessuna sessione di laurea, gli esami arretrati. Alla vigilia dell’attesissimo evento, il giovane aveva raccontato alla madre e al padre che sarebbe andato a bere qualcosa con gli amici per allentare la tensione. Qualcosa, in quelle ore, gli ha forse fatto scegliere di non tornare più a casa. Ma cosa è accaduto realmente quella notte, ancora non si sa con precisione. “Intorno alle 22 ci ha detto che sarebbe andato con gli amici in un locale di Montegrotto per distrarsi, perché era un po’ teso per la laurea dell’indomani. In realtà abbiamo scoperto che il bar a quell’ora era già chiuso da un pezzo. Era una piccola bugia”, ha raccontato il padre alla redazione del Corriere.
Secondo quanto viene raccontato dall’uomo, pare che il 26enne fosse entrato in crisi con il lockdown. Sarebbe rimasto bloccato su un esame, secondo quanto spiegato dagli sfoghi del ragazzo. Un esame difficile che, in primavera, avrebbe però detto di aver superato, e che avrebbe potuto così concentrarsi sulla tesi. “A questo punto non so neppure se quella tesi esista davvero”, ha però confessato il padre della vittima. La sua ipotesi, infatti, è che dal quel primo momento di debolezza, sia nata una catena di bugie, una dietro l’altra, fino a quanto non si è aperto quest’ultimo scenario.
Anche agli amici aveva raccontato di essere ormai a un passo dalla laurea. Forse, a tormentarlo erano i sensi di responsabilità, il non saper gestire le sue debolezze. Per il padre, Riccardo si è sentito in trappola, e l’uomo si sente ora in colpa per non essersene accorto. Il giovane, però, non era solo: a sostenerlo e comprenderlo, sempre, c’erano la mamma e il papà, che mai l’avrebbero lasciato solo davanti alle difficoltà della vita – qualsiasi esse fossero.
Nell’intervista rilasciata al quotidiano, il padre di Riccardo coglie anche l’occasione per lanciare un appello a tutti i ragazzi, gli studenti, le persone che si sentono in trappola come forse si è sentito suo figlio. E che possa essere anche da monito per altri genitori: evitare di caricare i figli, anche inconsapevolmente, delle aspettative e delle ambizioni che non gli appartengono. “Perché a volte, la paura di deluderci può diventare un peso insopportabile”, ha infatti concluso l’uomo.
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