Preso di mira a 11 anni, con botte e insulti. Le minacce dei bulli: “Ora gettati nel Piave”. Tre i ragazzini denunciati, ma la famiglia denuncia: “Siamo delusi, nessuno è intervenuto”.
Un incubo quello vissuto da un bambino di 11 anni. Preso di mira da un gruppetto di baby bulli, il minore sarebbe stato vittima di insulti, pestaggi e soprusi, oltre che di istigazione al suicidio.
Tutti episodi, questi, che si sarebbero perpetrati nella scuola frequentata dal ragazzino, oltre che sullo scuolabus. Fino a quando la vittima non si sarebbe fatta coraggio e avrebbe raccontato tutto ai suoi genitori.
Lo sfogo della vittima di 11 anni: “Meglio morire che andare a scuola”
A finire denunciati sono tre ragazzini, tutti stranieri, di età compresa tra i 12 e i 14 anni. Si parla di atti di bullismo e istigazione al suicidio, nei confronti di un bambino di 11 anni residente in un comune dell’hinterland di Treviso. A denunciare i fatti sono stati i genitori della vittima, che avrebbero raccolto sbigottiti le testimonianze e gli sfoghi del figlio. Secondo quanto raccontato dal padre del minore, la vicenda sarebbe scoppiata addirittura un anno fa. “Era da tempo che mio figlio si era distaccato da queste amicizie”, ha spiegato l’uomo. Il ragazzino, infatti, non sopportava i comportamenti dei suoi coetanei, e anzi, li condannava. Aveva visto che si lasciavano andare spesso a comportamenti che riteneva sbagliati, come suonare i campanelli e poi scappare, per esempio.
Ma questo suo allontanamento non sarebbe andato bene al gruppetto. Per questo avrebbero intrapreso una campagna spietata nei suoi confronti: dalle prese in giro per la bicicletta usata, alle discriminazioni per la sua nazionalità, fino ai lanci di petardi contro la sua abitazione. La vita del ragazzino era diventata un incubo: fatta ormai di pestaggi, soprusi, insulti e istigazione al suicidio, il piccolo era arrivato a dire ai genitori: “Meglio morire che andare a scuola”. Disperata la coppia, che dopo aver ritirato il figlio da scuola, avrebbe lanciato un appello non solo alle autorità scolastiche, quanto anche a tutta la comunità.
“Qualche giorno fa nostro figlio è stato ripreso in autobus con i telefonini e gli hanno detto che avrebbero postato le foto una volta che si sarebbe ucciso e gettato sul Piave. È stata questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, avrebbe raccontato il padre. Ma nonostante le denunce, nulla sembra muoversi, né da parte del personale scolastico, né da parte delle stesse famiglie degli aguzzini. “In estate, dato che gli episodi di bullismo si ripetevano anche fuori dalla scuola, abbiamo persino parlato con le famiglie dei ragazzi che l’avevano preso di mira. Ci hanno assicurato che sarebbero intervenute ma da allora nulla è cambiato”.
“Siamo delusi. Ai miei tempi avrebbero convocato i ragazzi e gli avrebbero parlato, anzi fatto una vera e propria ramanzina con i genitori presenti. E invece tutto quello che ci hanno saputo dire, nell’incontro che abbiamo avuto con la dirigente scolastica, è relativa al percorso che intendono seguire”, ha incalzato il padre. Che si è sentito anche dire come, una volta rientrato a scuola, al figlio non potrà essere garantita una “vigilanza” sulla sua “incolumità”.