L’Intelligenza artificiale, senziente o meno, è al centro di un grande dibattito nell’era tecnologica. La sottile linea con la privacy e le effettive performance, è rossa più che mai. In tal senso, una startup italiana ha deciso di puntare sulla progettazione di vestiario “invisibile” agli occhi delle Intelligenza Artificiale.
E’ il progetto CAP_able, ideato da Rachele Didero, insieme a Federica Busani. La giovane designer che depositato un brevetto, con tanto di approvazione, che mescola il tessile, la moda e l’ingegneria per proteggere la privacy dei cittadini e creare consapevolezza sui fenomeni che la minacciano.
“I dispositivi di rilevamento biometrico sono ovunque”. L’idea di Rachele, nata da una discussione su privacy, etica e diritti umani specificamente riguardo al dibattito sull’uso delle telecamere per il riconoscimento facciale in luoghi pubblici senza il consenso dei cittadini, parte da qui. E punta senza remore sui dispositivi di rilevamento biometrico, presenti “soprattutto in paesi come gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone – continua, in un intervista su Repubblica – riconoscono i volti, acquisiscono i nostri dati e le nostre identità senza che nemmeno ce ne accorgiamo e senza sapere dove vanno queste informazioni”.
Abiti che confondono le telecamere del riconoscimento facciale e schermano l’identità
La startup è nata nel 2022, dopo almeno due anni di progettazione, produce e vende capi d’abbigliamento che impediscono queste operazioni, una sorta di de-identificazione e lotta alle Intelligenze Artificiale.
Il segreto di Rachele Didero sta in quello che gli americani chiamano “adversarial pattern”, una immagine avversaria, o avversativa: “La nostra soluzione – sempre in un’intervista su Repubblica – permette di nascondersi senza nascondersi, cioè senza dover coprire il volto, che è una cosa illegale – ha spiegato Federica Busani, l’altra co-founder di CAP_able, sempre a Repubblica – con i nostri vestiti si spicca in mezzo agli altri e si è fortemente riconoscibili dagli altri umani, cioè dalla nostra specie, ma irriconoscibili per le macchine”.
Rachele, con il coordinamento del professor Giovanni Maria Conti del Politecnico di Milano, ha realizzato abiti che confondono le telecamere del riconoscimento facciale e schermano l’identità della persona. Per testare i modelli, la CAP_able si è basato su YOLO, un algoritmo ultraveloce open source per la computer vision in tempo reale, un sistema che riconoscente gli oggetti. Da qui gli outfit in staticità e in movimento, sia all’interno sia all’esterno. Didero e Busani non hanno nessuna intenzione di fermarsi, la lotta alle Intelligenze Artificiali che ledono la privacy altrui, d’altronde, è appena iniziata.