Ogni 25 novembre si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne, un’occasione per poter riflettere su un tema sempre attuale e su una situazione che si fa ogni giorno più critica.
La Giornata contro la violenza sulle donne è stata istituita nel 1999, con l’obiettivo di creare un momento dedicato alla riflessione e alla sensibilizzazione sul tema. A distanza di 23 anni, possiamo dire che la violenza sulle donne continua ad essere una problematica che affligge la società con esiti allarmanti.
Ancora oggi milioni di donne perdono la vita. Oltre metà dei femminicidi vengono compiuti dai partner o dagli ex fidanzati, in particolare, ma anche da fratelli, nipoti, figli e altri famigliari. I dati in merito mettono in evidenza un costante aumento delle violenze, frutto di una società che non ha ancora superato la concezione patriarcale, fatta di controllo e possesso dei corpi e delle vite delle donne.
Secondo le fonti, in Italia sono almeno 104 le donne che hanno perso la vita dall’inizio del 2022. Ciò significa che nel nostro paese ogni tre giorni, in media, viene uccisa una donna. Il report del Ministero dell’Interno, intitolato “Il pregiudizio e la violenza contro le donne” (che si ferma al 7 novembre), ha registrato 95 vittime elencandone nome, cognome, età e metodo di uccisione.
Tra queste, 48 sono state uccise dal compagno o dal loro ex. Mentre 33 da altri membri della loro famiglia. Il report contiene anche il bilancio delle legge sul Codice rosso, entrata in vigore nel 2019 a tutela delle donne vittime di violenze e maltrattamenti. La legge ha introdotto nuovi reati e aggravanti – tra i quali il revenge porn e la violazione dell’ordine di allontanamento.
Dal bilancio è emerso un triste aumento dei casi di violenza sessuale (9% in più rispetto allo scorso anno). Inoltre, è stato registrato un aumento dei matrimoni forzati – ovvero qualsiasi condizione in cui la vittima viene costretta a sposarsi tramite minacce e violenze.
La violenza di genere va di pari passo con le difficoltà incontrate dalle donne intenzionate a denunciare. L’indagine svolta in 37 centri antiviolenza legati all’organizzazione Di.Re (Donne in Rete contro la violenza) ha studiato oltre 5 mila casi diversi venendo alla conclusione che solamente il 27% delle donne si è affidata ad un giudice.
Sono tantissime, ormai, le donne che hanno smesso di credere alle istituzioni – che nella maggior parte dei casi le colpevolizzano o non sono in grado di offrire la tutela di cui avrebbero bisogno. Forze dell’ordine, servizi sociali e tribunali non sono estranei agli stereotipi di genere e alla concezione patriarcale che ha la tendenza ad incolpare chi subisce una violenza.
Situazioni come queste non fanno altro che sottolineare quanto sia importante continuare a parlare del tema. Le leggi a tutela delle donne vittime di maltrattamenti non sono abbastanza: la violenza è una questione culturale che affonda le sue radici nelle discriminazioni di genere da secoli insite nella società.
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