Quanto sono pericolose le reinfezioni da Covid? Uno studio americano rivela che aumentano il rischio di morte e i problemi di salute futuri. Rischi che aumentano dopo ogni contagio.
Secondo quanto rilevato da un recente studio americano, le reinfezioni ripetute da Covid-19 potrebbero aumentare il rischio per il paziente di avere problemi di salute futuri, potrebbero triplicare la probabilità di ricovero ospedaliero e persino raddoppiare il rischio di morte.
I dati sono stati ottenuti da uno studio condotto da un team di ricercatori della Washington University School of Medicine in St. Louis. Il paper è stato poi pubblicato di recente sulla rivista specializzata Nature Medicine.
Lo studio e i risultati
Un ampio numero di ricerche aveva già evidenziato come il primo contagio da SARS-CoV-2 sia spesso associato a un aumentato rischio di morte e a tutta una serie di problematiche e danni a polmoni e altri organi. Con la somministrazione dei vaccini e le continue re-infezioni, però, si è sparsa l’idea che la popolazione stia ormai andando incontro a un’immunità che, oltre a rendere i contagi meno aggressivi, sia in grado di difendere gli infetti dagli effetti avversi della malattia. “La nostra ricerca dimostra che contrarre il virus una seconda, terza o quarta volta contribuisce ad aumentare i rischi per la salute nella fase acuta, ovvero i primi 30 giorni dopo l’infezione, e nei mesi successivi, ovvero nel Long Covid”, ha invece spiegato il coordinatore dello studio pubblicato su Nature, l’epidemiologo Ziyad Al-Aly.
La ricerca ha infatti evidenziato come dopo ogni infezione per i pazienti possa aumentare il rischio di ricovero ospedale, di manifestare disturbi che interessano polmoni, cuore, cervello, così come disturbi al sistema sanguigno, muscoloscheletrico e gastrointestinale. Contagio dopo contagio, inoltre, pare che i soggetti interessati dallo studio siano sempre più vulnerabili al diabete, alle malattie renali e ai problemi di salute mentale. Ma ad essere stato rilevato è anche un preoccupante aumento del rischio di morte.
Lo studio, si sottolinea, ha analizzato le cartelle cliniche di 5,3 milioni di soggetti che non sono risultati positivi al coronavirus Sars-CoV-2 dal primo marzo 2020 al 6 aprile 2022. Insieme a queste, sono state prese a riferimento le cartelle cliniche di oltre 443mila persone che, invece, hanno contratto l’infezione in quel periodo, e quelle di 41mila soggetti che, sempre in quella stessa finestra, hanno invece contratto il virus per due o più volte. Dati alla mano, il team di ricerca ha dunque effettuato studi, confronti e analisi che hanno portato a dei risultati poco ottimistici: più i pazienti erano stati sottoposti a reinfezioni, e più avrebbero sviluppato il rischio di incappare in disturbi potenzialmente letali. L’articolo parla, nello specifico, del “rischio della probabilità di morire raddoppiato”, e del “rischio di essere ricoverati in ospedale triplicato”.
Lo studio, viene però specificato, avrebbe un punto debole: quello di aver tenuto principalmente in considerazione la popolazione dei Veterans Affairs, composta maggiormente da anziani e pazienti di sesso maschile – la percentuale delle donne sarebbe del 10,3%, e dei soggetti con meno di 38,8 anni del 12%. Ad ogni modo, “la prevenzione dell’infezione e della reinfezione da SARS-CoV-2 dovrebbe continuare a essere l’obiettivo della politica di sanità pubblica”, ha evidenziato Ziyad Al-Aly nelle conclusioni dell’articolo.