383 mila euro di risarcimento alla vedova di Adalberto Arcidiacono, l’antiquario 60enne entrato in ospedale nel 2012 per un’ischemia alla gamba sinistra. Ma che poi si era visto amputare la gamba destra, sana fino a quel momento, dopo svariati interventi.
Per il giudice si è trattato di un errore da parte dell’equipe medica, condannata così a risarcire i familiari del paziente.
È quanto ha disposto il giudice del Tribunale civile, che ha condannato per l’errore sanitario l’equipe medica intervenuta sull’uomo. Adalberto Arcidiacono venne ricoverato all’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma a causa di un’ischemia alla gamba sinistra. I medici però intervennero più volte anche sulla gamba destra, malgrado l’assenza di qualsiasi sintomo (dolore o cattiva circolazione), finendo per fargli amputare l’arto. Così il Guido Garavaglia del Tribunale civile ha condannato il team medico a risarcire 383 mila euro ai familiari dell’antiquario, che nel frattempo è deceduto (per motivi estranei all’amputazione subita).
La drammatica vicenda risale alla fine del 2012. Lo riferisce il Corriere della Sera. Arcidiacono va al pronto soccorso del San Giovanni Addolorata a causa del forte dolore che avverte alla gamba sinistra. È il 9 novembre: i medici lo fanno ricoverare con la diagnosi di «ischemia dell’arto inferiore sinistro».
La situazione è seria, al punto che a dicembre il 60enne dovrà affrontare ben 18 interventi. Inizialmente i medici curano la gamba dolorante, la sinistra, con tre arteriografie con fibrinolisi e due di controllo. Dopo dieci giorni però cominciano a concentrarsi sulla destra, sottoponendo l’antiquario a otto arteriografie con fibrinolisi, due tromboaspirazioni e tre arteriografie di controllo.
La gamba destra amputata dopo gli interventi dei medici
Il fatto è, come sottolinea osserva il giudice nelle motivazioni della sentenza, che fino ad allora Arcidiacono non presentava alcun sintomo alla gamba destra. I problemi iniziano proprio dopo i numerosi interventi. Le sue condizioni si aggravano al punto che insorge «un’ischemia irreversibile dell’arto». I dottori cercano di salvargli la gamba. Prima lo trasferiscono nella clinica Pio IX, poi al San Camillo. Ma non c’è nulla fare: la gamba destra verrà amputata. Il 13 gennaio 2013, Arcidiacono esce dall’ospedale senza più la gamba inizialmente sana, la destra.
A quel punto l’antiquario fa partire la causa civile. Tre anni dopo, nel 2016, Arcidiacono muore a 64 anni (per cause non collegate alle operazioni del 2012). La causa legale viene proseguita dalla vedova Juana Eugenia Steffan, assistita dagli avvocati Antonio e Marco De Fazi.
Il giudice fa osservare, sempre nelle motivazioni della sentenza, come il ricovero per il dolore alla gamba sinistra si sia rivelato opportuno. Stesso discorso per la terapia adottata per curarla. È invece «censurabile», a giudizio del giudice, la decisione di sottoporre il paziente a svariati interventi trattamenti alla gamba destra. Attraverso il loro consulente, i dottori si difendono affermando che l’arto sarebbe risultato compromesso. Ma secondo il giudice «tale giustificazione non trova alcun riscontro nella cartella clinica». Dove si leggeva che «il paziente non lamenta dolore e dall’esame angiografico risulta un circolo adeguato». Giusto al contrario, per il giudice sarebbero state le ripetute terapie disposte dai medici a provocargli una trombosi irreversibile. Per il giudice in conclusione ci sarebbe stato un certo rischio ischemico, ma «in assenza di sintomi non può essere giustificato l’accanimento terapeutico».