Cifre a dir poco allarmanti sulla condizione dei bambini in Italia. Li ha forniti Save The Children.
A rischio il benessere psicofisico di molti bambini e adolescenti. E la pandemia ha peggiorato le cose.
“In Italia, quasi un milione e quattrocentomila bambini vivono in povertà assoluta – una percentuale media del 14,2% di tutti i minori, che sale però fino al 16% nel Mezzogiorno – si registrano disuguaglianze socioeconomiche che incidono direttamente sulla salute dei bambini, penalizzando chi maggiormente avrebbe bisogno, nel proprio territorio, dei servizi di cura, prevenzione e promozione della salute e del benessere psico-fisico”.
Sono cifre allarmanti quelle rese note dall’Atlante dell’infanzia a rischio “Come stai?” di Save The Children. Il rapporto è stato presentato stamattina alla Sala Stampa Estera a Roma.
Un bambino su 20, dicono i dati, è colpito dalla povertà alimentare. E nella scuola primaria solo 1 bambino su 2 ha accesso alla mensa scolastica, per alcuni l’unica possibilità quotidiana di avere un pasto equilibrato e proteico. Mensa scolastica che andrebbe inserita tra i servizi essenziali tra i 3 e i 10 anni. Anche un numero non indifferenti di adolescenti tra 11 e 17 anni (il 32%) manca di una buona alimentazione, non mangiando mai frutta e verdura.
Con la pandemia – sottolinea Save The Children – i divari territoriali si sono inaspriti facendo esplodere problemi accumulatisi nel corso degli anni. Senza considerare i finanziamenti straordinari per la crisi pandemica, nei dieci anni prima del Covid-19, l’Italia ha destinato sempre meno spesa pubblica all’assistenza sanitaria.
Nel 2019 il nostro Paese ha investito nella sanità il 6,4% del Pil. Una quota molto inferiore a quella della Germania (9,8%) e della Francia (9,3%). È aumentata invece la spesa sanitaria a carico delle famiglie, che ha raggiunto il 2,3% del PIL, mentre sempre in Francia e Germania si aggirava attorno all’1,9 e all’1,8%.
In Italia le famiglie più ricche spendono per la salute dei loro figli minorenni una media di circa 250 euro mensili, rivolgendosi di più ai privati. Al centro nord le famiglie più povere invece non arrivano a un quinto di quella spesa (spendono meno di 50 euro), una quota superata di poco al sud. Le famiglie meno abbienti optano più frequentemente per il Servizio sanitario nazionale, quando è presente.
Quando alla ripartizione dei soldi pubblici per la sanità, soltanto il 12% va alla prevenzione e alla medicina di base, cruciali invece per la salute dei bambini nel medio e lungo periodo. La quota principale delle risorse (44%) è destinata invece all’assistenza ospedaliera. Ma soltanto il 6% di queste risorse è utilizzata per i minorenni (che sono il 15,6% della popolazione totale).
Nella Penisola la speranza di vita alla nascita nel 2021 si aggira attorno a 82,4 anni, con una forbice di 3,7 anni di differenza tra l’aspettativa di vita di chi viene al mondo a Caltanissetta (80,2) e di chi invece a Firenze (83,9). Una sperequazione ancora più ampia, secondo l’Istati, si ha quando si considera l’aspettativa di vita in buona salute. In questo caso le differenze superano i 12 anni tra chi ad esempio nasce in provincia di Bolzano (67,2 anni) e chi nasce in Calabria (54,4 anni). Un divario che si allarga ancora di più tra i bambini, che in Calabria arriva a 15 anni di meno rispetto al Trentino.
La pandemia poi ha fatto schizzare verso l’alto i disagi mentali di adolescenti e preadolescenti. In nove regioni italiane monitorate i ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile sono aumentati del 39,5% tra il 2019 e il 2021. In tutta Italia in questi reparti ci sono soltanto 394 posti letto. Le prime due cause dei disagi: psicosi e disturbi del comportamento alimentare.
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