Cosa fare coi dati digitali di un parente che muore? Ecco chi può accedere

Cosa fare coi dati digitali di un familiare che muore? Una domanda, ricorda il quotidiano online L’Essenziale, che si fanno sempre più persone.

Infatti “sono in aumento i casi di persone che chiedono di accedere alle foto e ai messaggi dei familiari morti”. E qui nascono i problemi, perché “le grandi aziende tecnologiche fanno resistenza”.

Tra i casi più emblematici, ricorda il giornale online, c’è quello di Carlo Costanza, chef agrigentino trapiantato a Milano per motivi di lavoro. Nel marzo 2017 muore a causa di un incidente automobilistico. Nello scontro va in pezzi anche il suo iPhone. Così i suoi genitori, “alla ricerca di ricordi che li aiutassero a colmare, almeno in parte, il loro senso di vuoto, hanno chiesto a Apple Italia Srl di poter accedere all’account iCloud del figlio”. Questo nella speranza di poter recuperare i contenuti sincronizzati (video, immagini, messaggi, app, note, ricerche, ecc.).

Insomma, tutte quelle informazioni che oggi sostanziano l’identità digitale di una persona. In particolare, sottolinea il servizio de L’Esenziale, i genitori “avrebbero voluto poter leggere le ricette annotate dal giovane”. Questo in previsione di un progetto dedicato alla memoria del figlio scomparso tragicamente.

Ma Apple ha negato loro la possibilità di accedere al suo iCloudfino a quando non avessero presentato un documento che li designasse come ‘agenti del defunto’ e portatori formali di un ‘consenso legittimo’, come predisposto dall’Electronic Communication privacy act”. Ovvero la legge americana che regola la diffusione autorizzata dei dati. Una normativa che mira a “proteggere l’identità delle persone terze”. Apple poi tiene particolarmente a non violare il principio di riservatezza sottoscritto al momento della stipula del contratto con i suoi clienti.

Non è la prima volta che vede le grandi aziende tecnologiche alle prese con casi simili. Il primo caso nel suo genere, ricorda L’Essenziale, fu quello di Justin Ellsworth, il soldato 20enne morto in Iraq. Yahho! rifiutò al padre del militare di poter accedere alle email di suo figlio.

La svolta col codice della privacy del 2018

In Italia, sottolinea il quotidiano online, col passare degli anni “la sensibilità in materia sembra essersi evoluta a favore delle richieste dei parenti”. Nel settembre del 2006 l’allora presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali temeva una linea del tutto simile a quella delle grandi aziende tecnologiche (niente dati personali del defunto agli eredi).

Ma il nuovo codice della privacy del 2018 – arrivato dopo il Regolamento generale Ue sulla protezione dei dati del 2016 che lasciava agli stati membri la possibilità di legiferare in materia – ha cambiato le carte in tavola.

La nuova legge italiana sulla privacy (art. 2-terdecies) indica che in caso di morte, alcuni diritti del defunto possono essere esercitati da “chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”.

Per cui adesso il nuovo codice in alcuni casi permette che gli eredi possano avere accesso anche ai dati della piattaforma digitale del defunto (come già possono fare coi conti correnti bancari, con l’Inps o il fisco per avere informazioni sulla pensione o su eventuali debiti). Questo a meno che il parente scomparso, sottolinea L’Essenziale, quando era ancora in vita non avesse indicato in maniera “non equivoca, specifica, libera e informata” di voler vietare l’accesso a qualunque persona dopo la sua morte.

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