Per la legge di Bilancio la coperta è corta. Mancano i soldi e i tempi sono stretti. Un allarme che non proviene dalle file delle opposizioni o dai sindacati, ma dall’esecutivo stesso.
A lanciarlo è il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che non nega le difficoltà del governo, alle prese con la stesura della manovra.
Durigon ne ha parlato in un’intervista rilasciata a La Stampa. Si tratta di difficoltà in parte prevedibili e previste, sia per quel che riguarda i tempi che per i soldi. Fin dalla data delle elezioni – 25 settembre – era apparso chiaro che qualunque governo si sarebbe trovato in difficoltà ad imbastire la legge di Bilancio in pochi giorni. Anche con un insediamento veloce come quello del governo di Giorgia Meloni.
Il problema dei soldi non è certo più facile da risolvere. La gran parte delle risorse serviranno per far fronte a caro bollette e emergenza gas. Senza contare la congiuntura economica (rischio recessione e costo della vita) che non aiuta certamente.
Come spiega Durigon, il fatto che il governo si sia insediato da meno di un mese richiede pazienza: “I tempi sono strettissimi e tutto non si può fare subito”, riconosce il sottosegretario. Soprattutto per le risorse a disposizione dell’esecutivo: “Avendo deciso di concentrare il grosso delle risorse per contrastare il caro energia, per gli altri interventi non resta molto”.
Il nodo della tempistica…
Il rischio più concreto, malgrado il governo stia cercando di velocizzare i tempi coi sindacati, riguarda i tempi dell’esame della legge di Bilancio in Parlamento: il testo della manovra dovrebbe arrivare alle Camere dopo metà novembre, lasciando il tempo di un esame rapido alle commissioni e al Parlamento. E poco più di un mese per i due passaggi a Camera e Senato.
Appare certo che si farà di tutto per scongiurare l’esercizio provvisorio. Anche perché le misure in scadenza a fine anno non mancano.
… e quello delle risorse
Quanto alle scarse risorse a disposizione dell’esecutivo, di certo il governo cercherà di “pescarle” dalla revisione del reddito di cittadinanza, anche se meno corposa di quanto voleva la Lega. C’è poi il capitolo pensioni. Per evitare di tornare alla riforma Fornero dal 2023 si cercheranno di prorogare misure come Opzione donna e Ape social, ma anche con una nuova forma di flessibilità in uscita (forse quota 41). Ci sarà bisogno anche di risorse per la flat tax (probabilmente ci si limiterà a estendere l’aliquota al 15% per le partite Iva fino a 85 mila euro di reddito, contro gli attuali 65 mila). Salterà quasi sicuramente l’estensione “della flat tax ad altri soggetti”, come previsto invece dai programmi elettorali della coalizione vincente di centrodestra.
Col resto delle magre risorse disponibili il governo interverrà sicuramente contro il caro bollette e la crisi energetica. Improbabile invece un taglio ulteriore al cuneo fiscale. Appare più probabile che si finisca per rendere strutturale lo sgravio contributivo del 2% varato dal governo Draghi per i redditi inferiori ai 35 mila euro. Resta forse spazio per qualche ritocco (per recuperare più fondi) su provvedimenti come Superbonus e pace fiscale. Difficile che il governo riesca a mettere in campo altre misure nella prossima legge di Bilancio.