Il governo pensa alla legge di bilancio con un occhio (o due) al debito pubblico

Le priorità del governo italiano, in attesa della Legge di Bilancio, sono la lotta contro caro vita e caro bollette.

Ma lo stato dei conti pubblici italiani preoccupa sia Roma che Bruxelles, ecco perché.

C’è un rischio debito per l’Italia nel 2023? Una domanda che ha basi solide e che non è aliena, a quanto si sa, alle preoccupazioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e del premier Giorgia Meloni.

Malgrado la prudenza manifestata dal titolare del Tesoro in missione all’Ecofin, le perplessità sullo stato dei conti italiani non mancano di certo. E tornano ad affiorare quanto più si avvicina il varo della legge di bilancio e la necessità di andare a pescare le risorse per coprire gli aiuti e le misure contro il caro bollette a fine 2022 e nel 2023.

Il debito pubblico italiano da sempre è tra gli ‘osservati speciali’ della zona euro. Ci si chi chiede se sia destinato a crescere ancora dopo aver già alzato al 4,5%? il deficit/Pil. Senza trascurare il cambio di rotta della Bce, col rialzo dei tassi di interesse e la fine degli acquisti straordinari dei titoli di stato italiani da parte della banca centrale europea.

Al momento i mercati non hanno reagito in maniera scomposta allo scostamento di bilancio deciso del governo italiano, che ha alzato al 4,5% il rapporto deficit/Pil per il prossimo anno. Le risorse sbloccate grazie allo scostamento – che equivale a una richiesta di indebitamento – andranno a finanziare i provvedimenti contro l’emergenza del caro energia.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha però ammesso, durante l’incontro dell’Eurogruppo, che il debito preoccupa e che l’Italia vigilerà affinché non esplodano in conti pubblici.

Il debito italiano preoccupa Roma e Bruxelles

Ma l’agitazione di Bruxelles e dello stesso Governo Meloni rimane. Almeno per due ordini di ragioni. La prima è relativa alle risorse disponibili per coprire le misure contro il caro bollette. Il tesoretto di 9,1 miliardi di euro ereditato dal governo Draghi basterà a coprire le misure fino alla fine del 2022. Mentre i 22 miliardi sbloccati dallo scostamento con la Legge di Bilancio 2023 copriranno sempre gli interventi contro il caro energia. Ma dureranno fino a primavera.

La stima arriva dall’Osservatorio dei Conti Pubblici, secondo il quale prorogare le misure contro i rincari verrebbe a costare 19,9 miliardi di euro solo per i primi tre mesi del 2023. Per i mesi successivi serviranno “decisioni ulteriori”. Questo significa fare nuovo debito, con altri scostamenti di bilancio? Resta un grosso punto interrogativo, soprattutto se la crisi energetica non dovesse risolversi o con soluzioni estreme – legate all’Europa, leggi price cap al gas – o con la fine della guerra tra Mosca e Kiev.

L’Italia potrebbe dunque essere chiamata a fare delle scelte, adottando misure sostenibili e rivolte ai soggetti più vulnerabili, come indicati dal commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni.

Chi comprerà il debito dell’Italia?

L’altro motivo di preoccupazione riguarda chi comprerà il debito italiano. A marzo 2022 è finito il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), col quale la Bce ha comprato 132 miliardi di euro di titoli di Stato italiani sui 232 totali emessi.

Anche qui c’è un bel punto di domanda dato che, come ha osservato sempre l’Osservatorio dei Conti pubblici: “quasi tutti i titoli che lo Stato Italiano dovrà emettere quest’anno (per un totale di quasi 400 miliardi, tanto vale il fabbisogno del 2023) dovranno trovare spazio sul mercato nei portafogli degli investitori”.

Per richiamare compratori il nostro Paese dovrà puntare sulla crescita, sulla credibilità e sulla tenuta dei conti pubblici. Anche perché gli alti tassi della Bce faranno aumentare gli interessi da pagare sul debito, penalizzando il Pil. Un quadro che si complica ancor più con lo spettro di una recessione in arrivo.

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