Inizia il processo per i pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Inizia il processo per i pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. In tutto sono 105 gli imputati. L’avvocata di alcuni detenuti: “Condannati due volte. Stanno già pagando per i loro reati, basta violenze e discriminazioni”.

Risale al 6 aprile 2020 il violento scontro avvenuto all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Una rivolta, questa, sedata con la forza e dalla quale scaturì un’inchiesta sulle presunte violenze perpetrate nei confronti dei detenuti ospitati nel plesso penitenziario.

Inizia il processo per i pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere - meteoweek.com
Inizia il processo per i pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere – meteoweek.com

Proprio nelle scorse ore, dopo più di due anni dall’episodio, nell’aula bunker del tribunale di Santa Maria Capua Vetere (la stessa del maxi-processo “Spartacus” contro la camorra casalese) è iniziato il processo. Ad essere imputate sono 105 persone, tutte presumibilmente coinvolte nei pestaggi subiti dai detenuti del carcere. Abbiamo raggiunto l’avvocato Stefania De Michele, che difende due dei detenuti picchiati. Alle nostre telecamere ha dichiarato: “Stanno già pagando per i loro reati, non esiste che debbano essere ulteriormente sottoposti a violenze e discriminazioni”.

Al via il processo per i pestaggi 

Gli imputati sono in tutto 105, tra agenti della polizia penitenziaria, funzionari medici e dell’Amministrazione Penitenziaria. Nel mirino del processo le violenze avvenute il 6 aprile 2020, perpetrate ai danni dei detenuti con l’intento di sedare le proteste scoppiate all’interno della struttura penitenziaria. I reati contestati, a vario titolo, vanno dalla tortura all’omicidio colposo come conseguenza di tortura (contestato solo a ventidue imputati), da lesioni pluriaggravate ad abuso di autorità, fino anche a falso in atto pubblico.

Oggi, nell’aula bunker, diversi imputati erano presenti. Ma all’appello non sono mancati nemmeno alcuni dei detenuti, accompagnati anche dai parenti. Tra questi la figlia di Vincenzo Cacace, il detenuto (morto a giugno scorso) che venne immortalato dalle telecamere interne mentre, bloccato sulla sedia a rotelle, veniva picchiato dagli agenti. Nell’udienza preliminare quattro associazioni e 95 detenuti dei 177 identificati come parti offese si erano costituiti come parte civile; nell’udienza di oggi hanno chiesto di potersi costituire parte civile anche altri 26 detenuti individuati come vittime, e l’associazione “Italiastatodiritto”.

Durante l’udienza Elisabetta Carfora, difensore di alcuni agenti, ha sollevato eccezione di incompetenza della Corte d’assise, e a richiesto lo spostamento del processo al tribunale per tutte quelle posizioni che non sarebbero connesse al reato di tortura con l’aggravante della morte – una fattispecie, questa, che ha determinato la competenza dell’Assise contestata in relazione alla morte del detenuto algerino Hakimi Lamine. Toccherà ora alla corte sciogliere la riserva sulle richieste degli avvocati nella prossima udienza, fissata per il 14 novembre.

Sul processo si è espressa anche l’avvocata Stefania De Michele, legale difensore di alcuni dei detenuti identificati come vittime.  “Spero che da questo processo noi possiamo uscirne tutti un po’ più sensibili, e più attenti alle esigenze dei detenuti e degli agenti di polizia”, ha spiegato l’avvocata. Di seguito il nostro servizio.

https://www.youtube.com/watch?v=D49vJgSE3CE

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