Israele al voto: Netanyahu sogna il clamoroso ritorno al governo

Chiuse alle 22 di ieri (ora locale) le elezioni politiche in Israele. È la quinta volta negli ultimi tre anni e mezzo che gli israeliani vanno a votare.

Secondo le proiezioni l’ex premier Benjamin Netanyahu avrebbe conquistato una maggioranza risicata, ma le cose potrebbero cambiare. Affluenza da record alle urne.

In Israele si profila il ritorno al potere di “Re Bibi”. A più di un anno di distanza dall’ascesa del ‘governo del cambiamento’ nato dall’accordo tra Yair Lapid e Naftali Bennett, Benjamin Netanyahu punta a ritornare al potere per riprendere un discorso durato 12 anni. Tanto è durata la permanenza al governo (2009-2021) del leader del Likud. Secondo gli exit poll dovrebbe aver conquistato la maggioranza parlamentare (anche se di misura: 61-62 seggi contro i 54-55 ottenuti dal governo uscente del premier Lapid).

La partecipazione al voto è stata altissima, da record, malgrado questa fosse la quinta elezione nel giro di tre anni e mezzo. Alle 20 era andato a votare oltre il 66% degli aventi diritto, la quota più alta dal 1999.

Anche l’elettorato arabo, malgrado le previsioni della viglia, è andato a votare più di quanto ci si attendeva, soprattutto nelle ore finali.

Ma per avere i risultati definitivi del voto servirà del tempo. Lo scenario potrebbe mutare se Focolare ebraico di Ayelet Shaked e il partito arabo-israeliano Balad riuscissero a superare la soglia di sbarramento, fissata in Israele al 3,25%. Il secondo dei due partiti è dato come molto vicino a questo obiettivo. In tal caso i seggi di Netanyahu scenderebbero a 60, un seggio sotto la maggioranza necessaria per governare.

Esulta l’estrema destra

Ben Gvir, uno dei leader di Sionismo Religioso – Meteoweek

Il voto dovrebbe essere stato un successo, come ci si attendeva, per Sionismo Religioso, l’alleanza tra il partito di Bezalel Smotrich e Otzma Yehudit di Itamar Ben Gvir. L’alleanza di estrema destra viene dato a 14-15 seggi, più del doppio di quelli ottenuti nel 2021 (quando arrivò a 6 seggi).

Dovrebbe avercela fatta a passare la soglia di sbarramento la sinistra radicale di Meretz, data in bilico da tutti i sondaggi, così come i laburisti di Merav Michaeli, il partito islamista Ràam di Mansour Abbas e l’unione arabo-israeliana Hadash-Tàal.

Mentre si aspetta di avere lo scenario definitivo del voto, il partito di Lapid ha già fatto sapere che non farà parte di un ipotetico governo guidato da Netanyahu, finito sotto processo per corruzione, frode e abuso d’ufficio.

Il leader del Likud per ora ha commentato soltanto parlando di “un buon inizio“, senza lanciarsi in premature esultanze. Nel frattempo ha già iniziato a sentire gli alleati del blocco nazional-religioso (che comprende, oltre a Likud e Sionismo Religioso, i due partiti ultra-ortodossi Shas e United Toraj Judaism) per sondare il terreno in prospettiva di future trattative per formare un nuovo esecutivo.

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