Saranno circa mille le persone, nella sola Teheran, che finiranno a processo per aver partecipato a una serie di proteste.
Circa mille persone finiranno a processo nella sola Teheran, per aver partecipato alle proteste in Iran, che hanno visto il coinvolgimento da parte di più di 100 città in tutto lo Stato e che vanno avanti da più di un mese.
È quanto hanno comunicato i funzionari della magistratura del Paese, asserendo che saranno processati soggetti che hanno messo in atto azioni sovversive e che hanno avuto un ruolo chiave nelle manifestazioni.
Le proteste proseguono
Nel frattempo, le proteste continuano, con gli studenti che si sono riuniti in diverse città iraniane nella notte tra il 29 e il 30 ottobre, sfidando le imposizioni del generale Salami, che ha vietato le manifestazioni, dopo oltre un mese di proteste per il decesso di Mahsa Amini. Gli studenti si sono riuniti in parecchie città del Paese e avrebbero avuto luogo una lunga serie di scontri violenti tra la polizia di regime e gli studenti che stavano manifestando per diritti e libertà.
Da quanto si apprende, la sicurezza del regime avrebbe sparato colpendo gli studenti a Sanandaj. L’Iran sta vivendo la più grande ondata di manifestazioni da quando è sorta la Repubblica islamica nel 1979. Le proteste hanno avuto inizio dal 17 settembre scorso e sono esplose dopo il decesso di Mahsa Amini, occorsa lo scorso 16 settembre a Teheran, dopo che la polizia l’aveva arrestata per non aver indossato il velo in maniera corretta.
Da quando sono cominciate le manifestazioni, almeno 160 persone sarebbero state uccise. Più di 300 giornalisti del Paese hanno denunciato di colleghi, tra giornalisti e fotoreporter, arrestati nel corso delle manifestazioni. Da quanto scrive il quotidiano Etemad, i giornalisti hanno invitato il governo a rilasciare i colleghi che sono ancora in carcere.
Molti gruppi che si occupano di diritti umani hanno parlato di circa una quarantina di giornalisti arrestati nell’ultimo mese, soprattutto a Teheran. I reporter sarebbero stati arrestati, poi sottoposti a interrogatorio e infine condannati senza essere processati e senza aver potuto neppure consultare i propri legali. Le suddette detenzioni sono state appellate come “illegali e contro la libertà di stampa” dall’associazione giornalisti.