Il killer di Assago, Andrea Tombolini, era pieno di ossessioni. Il giorno prima del dramma si era recato in Pronto Soccorso ma era andato via prima che lo visitasse un medico. Era ossessionato dal timore di un cancro e della morte
Chissà che cosa sarebbe accaduto se Tombolini, il giorno prima dell’omicidio e della tentata strage, avesse fatto una visita all’ospedale San Paolo, mercoledì 26 ottobre. Forse le cose sarebbero andate diversamente? Non lo sapremo mai. Quel che è emerso, tuttavia, è che Tombolini si era recato in Pronto Soccorso mercoledì 26 ottobre ore 15:17, al triage dicendo di avere una «persistente cefalea dopo colpi autoinflitti» il 18 ottobre, per poi andare via prima della visita.
Tombolini torna a casa e il giorno dopo, giovedì 27 ottobre ore 18:35, si consuma il dramma. Il 46enne si reca all’ipermercato Carrefour di Assago (Milano), e lì sul suo cammino si incrociano sei malcapitati, che l’uomo colpirà con un coltello da cucina.
Sembrano felici, e questo farà scattare qualcosa nella mente del killer, che mentre cerca un coltello per togliersi la vita, ci ripensa. Lui stesso, nell’interrogatorio, racconterà: «Ho preso un coltello per farla finita, avevo intenzione di colpirmi», però «ho visto le persone e ho deciso di colpirle per sopprimere la mia rabbia. Se devo descrivere il mio sentimento, era di invidia: perché le persone che ho colpito stavano bene, mentre io stavo male. Ritengo di avere un tumore e di dover morire».
Un uomo che soffriva di ipocondria, che non aveva relazioni né lavoro, né social, sempre per conto suo e silenzioso, come raccontano i genitori devastati da quanto occorso. Un vicino ha raccontato, come riporta Il Corriere, «che al massimo si fermava a parlare di politica, ce l’aveva sempre con tutti, destra e sinistra». L’uomo viveva con i suoi genitori anziani dal 2013 in un’abitazione al pian terreno di un edificio Aler.
L’aggressione ai genitori
Il 18 ottobre nel tardo pomeriggio, il padre contatta la polizia perché il figlio ha dato delle spinte a lui e alla madre nel cortile del palazzo. Quando arrivano i poliziotti, le cose sembrano tornate a posto, anche se la vicina avrebbe sentito, mentre discutevano, che il genitore gridava:«io a 80 anni non voglio essere ammazzato da te».
In quel momento, Tombolini chiede di essere accompagnato in nosocomio per una gastrite. Mentre è in ambulanza verso il nosocomio, tenta di autolesionarsi, «si prende a pugni in testa e al viso», scrivono i medici. Il medico di famiglia, a quel punto gli prescrive una visita psichiatrica prevista per il 7 novembre, di cui si parla nell’appunto del 26 ottobre.
L’uomo vaga per l’ipermercato per 7 minuti, ma trascorre solo un minuto da quando sferra il primo fendente a caso, a quando lo bloccano clienti e dipendenti, mentre lui bisbiglia un “uccidetemi, sono matto”. Uccide un uomo con una sola coltellata, altri 5 feriti.
Nell’interrogatorio, racconta di prendere solo Xanax, di non drogarsi né fumare, e poi alla gip la sera di venerdì dice di aver fatto uso, in passato, di Lsd. Racconta di aver avuto problemi in passato con l’alcol, curandosi «da solo perché ho reflusso e non posso più bere».
Giovedì notte, dopo il dramma, dice che gli «sembra impossibile aver fatto quello che ho fatto, non sono un violento, in passato ho avuto rabbia per motorini o bici del Comune, mi sembra impossibile avere rovinato la mia vita e quella delle persone che ho ucciso e ferito, sono pazzo», venerdì sera, al termine di un lungo interrogatorio, chiede candidamente: «Ora mi riportate a casa?».