Il noto virologo, diventato senatore Pd dopo le elezioni, ha optato per la rinuncia al compenso da politico, proseguendo nel percepire quello di docente e ricercatore
Andrea Crisanti, noto virologo ed eletto da poco senatore del Pd, ha scelto di mantenere lo stipendio da medico, rinunciando al compenso da senatore. Dietro questa scelta c’è una questione economica, come spiega il virologo stesso, in vista della pensione, in futuro.
A Il Corriere Veneto, infatti, Crisanti ha spiegato di aver optato per conservare il suo compenso da medico, quello che percepisce come docente dall’Università di Padova, in quanto direttore di laboratorio di Microbiologia e Virologia.
Crisanti ha anche aggiunto che «…non potendo ovviamente cumulare due buste paga sono stato chiamato a scegliere tra quella da senatore e quella da specialista. Ho optato per quest’ultima, per motivi contributivi. Mi conviene, è un compenso più alto…me l’hanno consigliato in Senato».
Poi, ha anche aggiunto:«Ricopro una posizione apicale sia all’Università che in azienda ospedaliera. La mia classe di stipendio è elevata, perché fui chiamato come professore di ‘chiara fama’, poi ho l’indennità di direzione di dipartimento, di unità complessa e di Malattie infettive. La somma è interessante ma non è che sono stato lì a contare le centinaia di euro».
Crisanti, nonostante ora sia impegnato politicamente come senatore eletto del Pd, non lascerà il suo lavoro e proseguirà nel svolgere ricerche e a dedicarsi alla sua professione di docente universitario. Il virologo e docente, infatti, ha specificato di aver fatto una promessa agli italiani che vivono all’estero, che è quella di provare a risolvere tutta una serie di problematiche. E ha detto di voler svolgere, proprio a tal proposito, un lavoro molto intenso.
Il virologo è diventato personaggio pubblico nei due anni in cui c’è stata l’emergenza Covid 19, e dopo la fine della pandemia, ha scelto di candidarsi nella circoscrizione Estero con i dem, e lo hanno eletto senatore.
Da tradizione, i parlamentari del Partito Democratico, danno parte del loro compenso alle casse del partito e così pare avvenga tuttora, «ma i versamenti ai fini pensionistici sono tutt’altra cosa».
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