Fare presto e fare bene: sembra questo il motto che ispira l’attivismo leghista degli ultimi giorni. Con un chiaro messaggio al governo.
La Lega appare intenzionata a giocare un ruolo di primo piano nel nuovo esecutivo, per incidere a tutto campo sulla sua azione.
Il Carroccio mette subito sul piatto del governo le sue priorità: abolizione della Legge Fornero, quota 41, flat tax al 15% e pace fiscale. Il nuovo esecutivo è nato soltanto da pochi giorni, ma la Lega pianta già con forza i suoi paletti in campo economico presentando una sua lista di priorità alla neoeletta premier Giorgia Meloni. Un segnale del fatto che il Carroccio non appare intenzionato a giocare un ruolo secondario o subalterno, da partner di minoranza. Così la Lega detta una sua agenda economica, in un certo modo autonoma rispetto alla coalizione di governo.
Una volontà emersa da una riunione di Salvini coi massimi esperti del suo partito, incluso il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. La voglia di protagonismo leghista emerge anche dalle prime mosse del suo segretario, fresco di nomina al ministero delle Infrastrutture. Dalle quali si evince la volontà del ‘Capitano’ di dire la sua su ogni fronte, non soltanto su quello delle grandi opere (tipo il Ponte sullo Stretto tra Reggio Calabria e Messina), ma anche su quello della sicurezza, in primis sulla lotta all’immigrazione clandestina, storico cavallo di battaglia leghista.
Non casualmente Salvini ha voluto incontrare l’Ammiraglio Nicola Carlone, comandante generale della Guardia Costiera, un corpo che, sottolinea il partito di Via Bellerio, “vanta un personale con 10.800 donne e uomini e centinaia di uffici e comandi in tutta Italia“. Come a dire un piccolo ‘esercito’ a disposizione del ‘Capitano’, pronto a “tornare a difendere i confini“, come ha spiegato a “Porta a Porta”. Esattamente come aveva fatto quando era titolare del Ministero degli Interni. Una mossa che dà anche come acquisita la delega sui porti.
Un attivismo che irrita il resto della maggioranza
L’attivismo salviniano cade alla vigilia del voto di fiducia alla Camera, in quello che nelle intenzioni della presidenza del Consiglio dovrebbe essere una sorta di “Meloni day”, con la neo premier impegnata a raccogliere e celebrare i frutti della sua vittoria elettorale. Una condotta, quella del leader leghista, giudicata come minimo irrituale, che irrita non poco il resto della maggioranza, anche in mancanza di commenti ufficiali. C’è anche chi è convinto che sia solo un modo per prendersi la scena, rovinando la festa al premier Meloni.
Da parte leghista naturalmente non c’è alcun “ultimatum” a un governo che ancora non ha preso alcuna decisione. Ma sembra emergere una chiara strategia per mettere pressione al Presidente del Consiglio sui temi identitari cari alla Lega. Pressing alto dunque su flat tax (nella versione “dura” poco gradita a FdI), pace fiscale, riforma pensionistica. Ma anche su autonomia e immigrazione il Carroccio sembra voler spingere sull’acceleratore.