Presidenzialismo, autonomia differenziata, riforma della pensioni, rapporti con Ue e Nato. Sono tante le sfide politiche che attendono il nuovo esecutivo.
Senza dimenticare le urgenze economiche più pressanti, prima fra tutte quella del caro bollette.
Il nuovo governo Meloni sarà subito è atteso al varco dal caro energia e dalla manovra di bilancio. Ma tra le sfide del nuovo esecutivo ci sono anche nodi di carattere più politico. Primi fra tutti i progetti di riforma presenti nel programma della coalizione di centrodestra. Tra questi svettano l’autonomia differenziata, storico cavallo di battaglia della Lega, e il presidenzialismo, vecchio pallino di Fratelli d’Italia. Due riforme che nel pensiero di Giorgia Meloni dovranno essere portate avanti in parallelo perché destinate a compensarsi a vicenda.
Sull’autonomia c’è una bozza di legge quadro sulla quale ha lavorato l’ex ministro degli Affari europei Mariastella Gelmini assieme ai governatori leghisti Luca Zaia e Attilio Fontana. Adesso resterà da vedere se il suo successore, il «Machiavelli della Lega» Roberto Calderoli, seguirà la traccia segnata da Gelmini dopo che in passato altri progetti – come quello di centrosinistra fatto partire da Gianclaudio Bressa e quello della ministra della Lega Erika Stefani – non sono approdati a nulla. In passato Calderoli si è espresso negativamente sulla legge quadro – che richiede un lungo iter parlamentare – a differenza delle intese Stato-Regioni avviate da Bressa.
Il presidenzialismo, un cammino a ostacoli
Sul presidenzialismo e l’elezione diretta del capo dello Stato dovrebbero convergere tutte le forze politiche del centrodestra. Il programma elettorale della coalizione non specifica i dettagli della riforma e della nostra struttura istituzionale da dare allo Stato. Il centrodestra ad ogni modo ha davanti a sé un cammino lungo e non privo di ostacoli. Le leggi di revisione costituzionale – e le altre leggi costituzionali – devono essere adottate dalla due Camere con due successive deliberazioni a distanza non minore di tre mesi, devono essere approvate a maggioranza assoluta dei membri di ogni di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Dopodiché c’è il referendum popolare quando, entro tre mesi dalla pubblicazione delle leggi, dovessero farne facciano domanda un quinto dei componenti di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. È possibile evitare il referendum se la legge è approvata nella seconda votazione da ognuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi membri.
C’è poi un altro tema urgente: la riforma delle pensioni. La Lega vorrebbe la ‘quota 41’: la possibilità della pensione con 41 anni di contributi. Un compromesso potrebbe essere raggiunto – tenendo conto dei conti dello Stato – accoppiando quota 41 ai limiti di età. Tra le altre proposte economiche in ballo c’è anche il taglio del cuneo fiscale (caro a Forza Italia), la rottamazione delle cartelle di Equitalia (voluta dalla Lega), l’estensione della flat tax prevista per le partite Iva.
Giorgia Meloni dovrebbe puntare poi sul sostegno alla famiglia e alla natalità. Sul fronte della politica estera c’è il test europeo, con la nuova premier che dovrà raccogliere l’eredità pesante di Mario Draghi e confermare la collocazione atlantista e europeista dell’Italia, malgrado i tentennamenti dei due alleati della maggioranza, e il sostegno a Kiev.
Infine, sarà importante come Meloni si muoverà su altri fronti: Pnrr, negoziato europeo sul price cap, gestione dei flussi migratori e degli sbarchi.