L’oncologo Paolo Ascierto si trovava a cena fuori, quando ha visto un uomo che rischiava di morire. Grazie alle sue competenze di pronto intervento è riuscito a salvarlo. Ecco il suo racconto dell’accaduto.
Ha rischiato la vita a causa di un arrestato cardiaco mentre era in un ristorante, ma il pronto intervento di un medico presente in sala lo ha messo fuori pericolo. Il dottore ha spiegato di esserci riuscito grazie alle competenze acquisite con un corso Als. Le parole dell’uomo definito un eroe, l’oncologo Paolo Ascierto, raccontano quanto accaduto e sono affidate a una intervista rilasciata al giornale Voce di Napoli.
“Ero a cena con mio fratello e un gruppo di amici. Ero appena arrivato, posso dire di essere capitato lì per caso, quando uno dei commensali si sente male – dice il dottore -. In realtà non si sente male, il suo cuore si ferma, dalla bocca inizia a uscirgli bava. Sono un medico, è vero, ma non un medico di pronto soccorso. Mi occupo di ricerca, la mia è una medicina ragionata più che di azione. Ma mi rendo subito conto che non c’è un attimo da aspettare. Cosa hanno detto che bisogna fare a quel corso? La mente corre velocissima: aiutatemi a sdraiarlo, polso carotideo assente… perdita di coscienza ed assenza di respiro… Urlo: ‘Arresto cardiaco’ e poi palmo della mano sul cuore e l’altra mano che spinge forte. Urlo ancora, ‘chiamate il 118 e ditegli che ci troviamo con un paziente in arresto’, ancora… ‘qualcuno prenda il tempo e avvisi quando passano 2 minuti’… ‘Organizzatevi, bisogna darci il cambio al massaggio ogni 2 minuti’… nel frattempo spingevo, spingevo come Marco Ranno e Mimmo Caliendo della Scuola italiana emergenze ci hanno insegnato. ‘Ci giochiamo tutto in 10 minuti’ ci hanno insegnato al corso, ‘ma i primi 6 minuti sono fondamentali, dopo diventa tutto inutile’. Ma 10 minuti sono tanti. Per far tornare in vita quell’uomo bastano un minuto e mezzo di massaggio cardiaco, il suo volto prende subito colore, mi guarda, ci guarda stranito. L’ambulanza arriverà solo dopo 25 minuti“.
“DOVEVA ANDARE IN QUEL MODO”
“Ho salvato quell’uomo? Non lo so e non mi interessa” afferma il dottore che fa anche il modesto. “So che doveva andare in quel modo. So che corsi del genere, come il Basic life support dovrebbero essere promossi con più frequenza e non solo negli ospedali tra il personale sanitario, ma nelle scuole, nei pubblici uffici. Perché il cuore, non necessariamente un cuore malato, si può fermare, all’improvviso, per mille motivi a chiunque di noi. Ricorderete tutti il povero calciatore Morosini. Vorrei che ci fosse più consapevolezza che la presenza capillare di defibrillatori sul territorio rappresenta un ulteriore sicurezza per noi cittadini. A volte, non possiamo aspettare i 25 minuti di un’ambulanza. Ecco, io vorrei che se malauguratamente mi trovassi nelle condizioni di quel commensale di venerdì scorso a Padova ci fosse qualcuno pronto a provare, almeno provare, a salvarmi la vita“.
COMPETENZE CHE SALVANO LA VITA
“Lo ammetto, quando l’inverno scorso fui invitato a fare il corso ‘Advanced life support’ ebbi un moto di noia, non per il corso in sé, per carità, io parteciperei a tutti i corsi del mondo, se fosse possibile e, soprattutto, avessi tempo – conclude il dottore -. Quel corso, benché necessario per le nostre attività di fase 1, organizzato durante le ore di lavoro dai nostri anestesisti del Pascale, toglieva tempo alla mia attività di ricerca al reparto, insomma ai pazienti. A pensarci ora, dopo quello che mi è capitato venerdì scorso a Padova, arrossisco“.