Il 21enne P. Morreale condannato a 30 anni per il delitto della sua ragazza occorso nel gennaio 2020.
Condannato al carcere a vita. È questo il verdetto di condanna per P. Morreale, 21 anni, di Caccamo (Palermo), accusato di aver bruciato viva la fidanzata Roberta Siragusa, che aveva 17 anni, nella notte tra il 23 e il 24 gennaio di due anni fa.
A stabilire la sentenza è stata la Corte d’Assise di Palermo. L’accusa afferma che Morreale avrebbe avuto una lite con la fidanzata nel corso di una cena con degli amici. I due sarebbero andati via in auto e si sarebbero fermati dalle parti del campo sportivo. Il giovane avrebbe dato una sassata alla fidanzata stordendola, e poi l’avrebbe bruciata viva utilizzando della benzina che aveva nella sua automobile.
In seguito, avrebbe poi preso il cadavere della ragazza e l’avrebbe gettato in un dirupo. Il giallo ha retto per pochi giorni, in quanto i carabinieri, che da subito avevano dei sospetti sul racconto del 21enne, lo hanno fermato accusandolo di omicidio pluriaggravato. Contro Morreale, che non ha preso parte alla lettura della sentenza, c’erano parecchi elementi: dai 33 episodi di violenza nei confronti della ragazza nel periodo in cui erano assieme, a un filmato che riprese il corpo bruciare e l’auto di Morreale non lontano da quel punto, alle chiavi e a tracce ematiche della 17enne rinvenute nei pressi del campo sportivo e nell’auto.
Il movente dell’omicidio, secondo l’accusa, sarebbe che il giovane non accettava che la ragazza avesse intenzione di chiudere la loro relazione, e per questo dapprima l’avrebbe stordita con un sasso e poi le avrebbe cosparso addosso della benzina per poi appiccarle il fuoco da viva, restando poi a guardare la scena.
Avrebbe caricato il cadavere della ragazza e lo avrebbe gettato in un dirupo. Il giorno seguente, fu lui a recarsi dai militari dando una versione poco credibile, ossia che Roberta, dopo un litigio, si sarebbe suicidata dandosi fuoco e sarebbe precipitata in un burrone. Versione contrastante, tra l’altro, con il fatto che il 21enne, la notte dell’omicidio, dopo che i genitori della 17enne l’avevano contattato per sapere dove fosse la loro figlia, dato che non era tornata a casa, aveva inviato messaggi sul cellulare di Roberta, facendo finta di non avere idea di dove fosse andata.
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