Terremoto dell’Aquila, sentenza choc: morirono nel crollo del palazzo, per il giudice fu anche colpa loro

Per il Tribunale dell’Aquila le vittime rimaste a dormire nel palazzo crollato a causa del sisma del 6 aprile 2009 avrebbero tenuto una condotta “obiettivamente incauta”.

Montano rabbia e delusione nei familiari delle persone decedute che annunciano: “Faremo ricorso”.

Solo un parziale risarcimento andrà ad alcune delle vittime che hanno perso la vita nel violento terremoto che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009. Per il Tribunale civile del capoluogo abruzzese una parte della colpa è da attribuire alle stesse vittime.  “Concorso di colpa”. Così ha deciso il giudice Monica Croci. Riconosciuta solo in parte la richiesta di risarcimento presentata dai familiari di alcuni delle persone morte a causa del crollo del palazzo di via Campo di Fossa.

Entrando nello specifico, il magistrato ha disposto che il costruttore dell’edificio (un palazzo di sei piani dove morirono in 29) e i ministeri delle Infrastrutture e dell’Interno risarciscano i familiari delle vittime del crollo. Ma la colpa, per il giudice, non ricade interamente su costruttore e ministeri. Nel dettaglio, le colpe sono da suddividere così: il 40% al costruttore e ai ministeri, il 30% da spartire in parti uguali per le omissioni di Genio civile e Prefettura. Resta un 30% di responsabilità, che secondo il Tribunale va invece imputato alle vittime stesse del crollo. La loro colpa è quella di essere rimaste a dormire all’interno del palazzo. Per il giudice quella fu una condotta obiettivamente incauta” considerando che c’erano state “due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”.

La rabbia e la delusione dei familiari

Parla di “una sentenza che appare assurda, a voler esser buoni” l’avvocato Maria Grazia Piccinini, di Lanciano. È la madre di Ilaria Rambaldi, la studentessa universitaria di Ingegneria morta nel crollo di via Campo di Fossa. L’avvocato Piccinini, che è anche anche presidente dell’Associazione ‘Ilaria Rambaldi Onlus’, non trattiene la rabbia e la delusione per la discutibile sentenza del tribunale aquilano.

Scopro, dopo aver atteso quasi 14 anni, che a L’Aquila erano tutti aspiranti…suicidi… Una vergogna infinita attribuire colpe alle vittime – prosegue l’avvocato – perché significa non conoscere la storia di quel sisma e gli eventi che hanno preceduto il disastro. Una ricostruzione fantasiosa, con concetti precostituiti. Erano le 3.32 dove doveva stare mia figlia, se non a dormire? A L’Aquila, dopo le prime scosse, tutti sono rientrati a casa. Non c’era un allarme, non c’era un campo dove potersi rifugiare, non c’era nulla… Dove sarebbe dovuta andare mia figlia? Inaudito. Ma faremo ricorso”.

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