Le autorità egiziane rifiutano ogni collaborazione con l’Italia in merito agli 007 del Cairo imputati per la morte del ricercatore.
Delusione dei genitori del giovane friulano che chiedono una “reazione di dignità” al governo italiano.
Come era emerso già a aprile in una nota del ministero della Giustizia inviata al gup di Roma, le autorità egiziane sembrano essere sorde a ogni ipotesi di collaborazione con l’Italia, per quel che riguarda il caso Regeni.
Dei presunti sequestratori, torturatori e uccisori del ricercatore italiano brutalmente liquidato al Cairo nel 2016 si conoscono nome, cognome, età e pure il grado militare. Li ha rivelati su Facebook l’avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia di Giulio Regeni.
Ma l’Egitto non appare proprio intenzionato a collaborare con la giustizia italiana. Una linea ribadita a più riprese, anche a costo di pesanti sgarbi diplomatici. “Ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta dall’autorità egiziana in merito ai quattro imputati. L’ultima sollecitazione in ordine di tempo risale al 6 ottobre. Gli egiziani non hanno risposto neanche alla richiesta di incontro che la ministra Marta Cartabia aveva chiesto nel gennaio scorso”. A dirlo è Nicola Russo, capo dipartimento per gli Affari Giustizia, presso il ministero di via Arenula. Queste le sue parole durante l’udienza davanti al gup di Roma per l’uccisione di Giulio Regeni che vede imputati gli 007 appartenenti ai servizi segreti egiziani.
Il gup ha aggiornato al prossimo 13 febbraio il procedimento, che rimane sospeso. I genitori di Giulio Regeni, papà Claudio e mamma Paola, hanno commentato con amarezza la totale indisponibilità egiziana: “Se ce n’era bisogno è emersa ancora una volta e con ulteriore chiarezza che le autorità egiziane non hanno, né hanno mai avuto, nessuna intenzione di collaborare e si fanno beffe del nostro sistema di diritto“, hanno detto alla fine dell’udienza.
“Oggi è emerso anche che la richiesta – hanno aggiunto i genitori di Regeni – del gennaio 2022 della ministra della Giustizia, Cartabia, di incontrare l’omologo egiziano non ha mai avuto alcun riscontro, e questo rifiuto non ha precedenti. Auspichiamo in una adeguata reazione di dignità del nostro governo“.
Una morte ancora senza giustizia
Il corpo senza vita del ricercatore di Fiumicello (Udine) Giulio Regeni, 28 anni, dell’Università di Cambridge, venne ritrovato il 3 febbraio del 2016. Di lui si era persa ogni traccia dal 25 gennaio. Il 28enne era al Cairo per un periodo di ricerca e studio nella capitale egiziana.
Stava finendo un dottorato di ricerca presso il Girton College e in quel periodo stava svolgendo una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani. Il suo cadavere – orrendamente mutilato e con segni di tortura – fu rinvenuto in una scarpata, lungo l’autostrada che mette in collegamento il Cairo e Alessandria, alla periferia della capitale dell’Egitto.