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Cronaca

Muore a sette anni per l’otite curata con l’omeopatia: chiesta la condanna per il medico

È arrivato alle fasi finali il processo per la morte di un bimbo di 7 anni, deceduto cinque anni fa per un’otite curata con metodi omeopatici.

Il medico che aveva in cura il piccolo è accusato per omicidio colposo. Per l’accusa avrebbe sottovalutato la gravità dell’infezione.

Era il 2017 quando ad Ancona il piccolo Francesco morì a 7 anni in ospedale, dove era arrivato in gravissime condizioni. A stroncarlo un’otite bilaterale batterica. Curata con l’omeopatia. Dopo il ricovero all’ospedale Salesi l’otite era degenerata in encefalite e tre giorni dopo il bambino era morto.

Adesso per la vicenda del piccolo morto a causa di una gravissima infezione sviluppata da un’otite curata con l’omeopatia, la Procura di Ancona ha chiesto di condannare a 4 anni il medico omeopata Massimiliano Mecozzi, 60 anni, originario di Pesaro.

La tragica vicenda ha coinvolto il piccolo Francesco Bonifazi, di Cagli (Pesaro Urbino), deceduto ad appena a 7 anni, il 27 maggio 2017, per una otite batterica bilaterale curata con l’omeopatia. Il bambino morì all’ospedale Salesi di Ancona, dove tre giorni prima era stato ricoverato in gravi condizioni. A formulare la richiesta di condanna è stato il pubblico ministero Daniele Paci, durante processo per omicidio colposo in corso di svolgimento presso il Tribunale di Ancona, a carico del medico omeopata, e che è giunto alle sue fasi finali.

Processo alle fasi finali

Al Tribunale di Ancona, quindi, si è formalmente aperta la discussione delle parti. Dopo la deposizione di un atto da parte dell’avvocato Corrado Canafoglia, il legale che rappresenta l’Unione Consumatori, costituitasi parte civile nel processo, sono seguite alcune obiezioni da parte della difesa del dottor Mecozzi, rappresentata dall’avvocato Fabio Palazzo.

Presenti in aula anche i familiari del bambino, la mamma e il nonno materno Maurizio Olivieri. È stato solo lui a costituirsi parte civile, assieme allo zio del bambino, con gli avvocati Federica Mancinelli e Federico Gori, e a chiedere un risarcimento di oltre 300 mila euro. A giudizio dell’accusa il medico, che ha ripreso a esercitare, interpellato più volte dai genitori del piccolo Francesco quando si è presentata la malattia, sia per telefono che via WhatsApp, avrebbe «sottostimato il quadro clinico che indicava una infezione di elevata gravità».

L’udienza è poi proseguita con la requisitoria della Procura e l’arringa della difesa. Rinvio al prossimo 4 novembre da parte del giudice Francesca Pizii per repliche e sentenza.

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