La ragazza perse la vita il 3 agosto 2011 a Palma di Maiorca per sfuggire a una violenza sessuale. Aveva solo 20 anni.
Si sono costituiti nel carcere di Arezzo, A. Bertoni e L. Vanneschi, condannati dalla Corte Suprema a 3 anni, un anno fa, il 7 ottobre 2021, per il tentato stupro della studentessa Martina rossi.
I due, dopo la condanna, avevano fatto richiesta per la messa in prova ai servizi sociali. Martina Rossi perse la vita a soli 20 anni, il 3 agosto 2011, cadendo da una terrazza in un hotel, a Palma di Maiorca (Spagna), in quanto cercava di scappare dai due che stavano alloggiando nello stesso albergo. La ragazza era in vacanza con le amiche.
I due imputati, entrambi di Castiglion Fibocchi (Arezzo), si trovano in vacanza nello stesso hotel della 20enne. La Corte Suprema li ha condannati asserendo che «l’unica verità processuale che risulta trovare conferma nella valutazione dei molteplici indizi esaminati risulta essere quella del tentativo di violenza sessuale».
I legali della difesa, hanno sempre asserito che la ragazza si fosse suicidata, basandosi sulla testimonianza di una cameriera spagnola che aveva visto la ragazza precipitare dopo aver “preso lo slancio”.
Una versione non seguita dai magistrati di merito e neanche dalla Corte Suprema che considerano “ineccepibile” la valutazione dei magistrati che mette in discussione la percezione della testimone per via del punto da cui ha visto la scena, punto laterale e non davanti al balcone da cui la ragazza è precipitata.
Il modo in cui è precipitata Martina, secondo i consulenti, collide con quanto ha raccontato la cameriera. Una svolta processuale cruciale affiancata alle ricostruzioni che hanno posto in evidenza come Martina precipitò proprio mentre tentava di sfuggire all’aggressione.
La costituzione dei due giovani in carcere dà sfogo ai timori del papà della ragazza, Bruno Rossi, che nel marzo scorso si lamentò pubblicamente del fatto che la condanna, dopo mesi, non fosse stata ancora messa in atto. All’epoca, l’uomo disse:«A sei mesi dalla sentenza della Cassazione ancora la pena non è andata in esecuzione perché la richiesta di affidamento in prova giace in un cassetto, i tempi sono troppo lenti», chiosò.