Debora sarà risarcita con 10 mila euro dal liceo scientifico “Grassi”, di cui è una ex allieva. Nel 2011 fu bocciata per un debito in matematica
Era l’estate del 2011 quando Debora e altre compagne di classe vengono respinte con il debito in matematica e fisica. Debora, che oggi è architetta e che ha il suo cognome impresso sulla targa dell’ufficio per cui lavora, ci resta malissimo. L’architetta ricorda che all’epoca aveva una media del 7,5, come riporta Il Corriere della Sera, anche se c’erano «i voti pessimi di quell’insegnante che ci aveva preso di mira perché, secondo noi, non insegnava la sua materia e quindi doveva essere cacciata».
Dopo 11 anni, ha vinto una lunga battaglia legale contro una bocciatura considerata non giusta anche dai magistrati del Tar della Liguria. Il Tar, infatti, ha condannato il ministero dell’Istruzione e il liceo scientifico Grassi di Savona, a versare alla ex alunna 10 mila euro. Debora spiega che parte di quei soldi «riguarda i danni economici ma parte, circa 1300 euro, è riferito ai danni morali e vi assicuro che sono stati importanti».
La sentenza sulla natura ingiusta di quella bocciatura era giunta nel 2014, ma poi l’avevano impugnata in appello. Dopo 5 anni, il ricorso era stato soggetto a decadimento, ragion per cui, c’è stato un nuovo procedimento e sono passati diversi anni, finché oggi il Tar ha stabilito il prezzo del risarcimento da versare alla ragazza, risarcimento che si fonda, oltre che sui danni psicologici sofferti, anche sui mancati incassi e i mancati versamenti dei contributi che si riferiscono a un anno di lavoro.
Per questa bocciatura, Debora ha perso un anno di università e quindi ritardo nell’entrare nel panorama lavorativo. La sentenza emessa parla di «illegittimità rimproverabili e non scusabili» e «disparità di trattamento, particolarmente stigmatizzabile per il suo carattere odioso, nei confronti di una ragazza minorenne».
E ancora, sempre nel verdetto del Tar, si parla di «afflizione, frustrazione, angoscia» che la bocciatura aveva causato all’allieva. L’architetta non ha dimenticato affatto quei giorni: «Era un incubo, quella professoressa ci trattava male davanti a tutti e ci assegnava voti gravemente insufficienti sulla base di parametri inconcepibili, magari perché avevamo usato un cancellino a vernice anziché una gomma».
Per Debora questa sentenza e il conseguente risarcimento corrisponde a «una vera rivalsa», oltre al fatto che oggi è un’architetta che lavora in uno studio. Per quanto concerne il denaro del risarcimento, dice lo userà «per i lavori in casa».
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