Partito da rifondare o avanti con le primarie? I dubbi sul congresso del PD

Le primarie sono al centro del dibattito nel Pd, possono essere uno strumento o il partito è totalmente da rifondare? Critiche da Bersani e Veltroni, attacchi da Calenda e Renzi. Nel frattempo i candidati si preparano alla corsa interna per la segreteria. 

Il rilancio del Partito Democratico dopo la pesante sconfitta elettorale alle ultime elezioni politiche passa dal nuovo congresso e dalle primarie che verranno nella prossima primavera. Una strada tutta in saluta che vede sotto accusa la gestione della segreteria di Enrico Letta e in generale di tutto il gruppo dirigente che ha guidato il Pd in questi anni. L’ipotesi sul piatto è anche quella di sciogliere il partito per rifondare da zero una nuova esperienza politica, decisione che però non convince del tutto.

RIPARTIRE DA ZERO

La decisione sulle modalità è oggetto di scontro e discussione dentro il partito. Per Pier Luigi Bersani, rientrato nel Pd dopo la sua esperienza con Articolo 1, “Il dilemma non è sciogliere o non sciogliere ma allargare, è l’esigenza di un profilo, di un collegamento con il tema del lavoro, di una forma partito adeguata. Io lo chiamo un partito nuovo“.

Ma le primarie sono considerate uno strumento fondamentale di democrazia e partecipazione dei cittadini. A difenderle è il senatore dem Dario Parrini in un tweet. “Caro Bersani ti sbagli. Con lo slogan ‘basta primarie’ non si fa un partito nuovo e più largo – scrive -. Come dimostrato anche da tante recenti vittorie del Pd alle amministrative, le primarie sono ossigeno politico. Sì al partito aperto. No al partito chiuso. Giù le mani dalle primarie” conclude.

Alessandro Alfieri, rieletto senatore per il Pd “Ogni giorno assistiamo a tentativi di mettere in discussione il percorso congressuale delineato dal nostro segretario. Oggi addirittura si avanzano dubbi sulla necessità di fare le primarie, lo strumento attraverso il quale abbiamo fondato il Partito Democratico e abbiamo allargato utilmente la partecipazione a tutta la nostra comunità democratica“.

ALLEATI O AVVERSARI

Uno degli sport preferiti in politica è la critica esterna al Partito Democratico. Carlo Calenda è un esperto, pur essendo stato eletto eurodeputato nelle liste dem, non manca mai di lanciare frecciate in direzione del Pd chiedendo di tagliare definitivamente i ponti con il Movimento 5 Stelle e stabilire una alleanza stabile con Azione/Italia Viva basata sul programma tradito a poche settimane dalle elezioni del 25 settembre. Molto più duro l’ex-segretario Matteo Renzi il quale ripete costantemente che “Il Pd è finito. Lo sanno tutti, anche quelli che non lo ammettono“.

A rispondergli, inaspettatamente, è un altro ex-segretario, ovvero Walter Veltroni: “Assistiamo al paradosso per cui chi ha dimezzato i voti esulta, e un partito che ha quasi il 20 per cento discute se sciogliersi. Il Pd più che una sconfitta elettorale, ha subito una sconfitta politica, rischia molto se non coltiva la sua identità e se non cambia profondamente” dice l’ex-sindaco di Roma. E aggiunge “Non sarà risolutiva l’ennesima testa di segretario che rotola, ma la capacità di ritrovare quella doppia dimensione, concretezza sociale e idealità, che ha costituito il meglio della storia della sinistra. Non è un problema di persone, ma di orgoglio“. E conclude “Mettiamo da parte tattiche dilatorie, magari travestite da nobili propositi di approfondire e riflettere, e concentriamoci nel costruire subito un percorso che garantisca la più ampia partecipazione della comunità democratica a definire le scelte future del nostro partito”.

UNA NUOVA SEGRETERIA

Mentre fervono le discussioni, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein stringono un’alleanza per prendersi la segreteria del Pd in maniera simile a quella che li ha portati a presidente e vice-presidente della regione Emilia-Romagna. Sebbene ancora non siano candidati ufficialmente, è molto probabile un ticket che li veda insieme alla guida del partito.

Dall’altra parte Peppe Provenzano, delfino del ministro Andrea Orlando che sembrava pronto a una candidatura, rinuncia ufficialmente alla corsa lasciando la strada libera a Bonaccini. “Non mi candido” afferma alla domanda dei giornalisti se sarà o no della partita. Insomma la nuova guida del Pd è tutta da definire, sempre se domani un Pd esisterà ancora.

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