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Economia

Lavorare meno, ma più a lungo: soluzione per limitare i danni in bolletta

Che fare contro il caro bollette che mette a serio rischio l’attività di diverse aziende? Un problema serissimo per le imprese.

Tanto che alcune hanno già cominciato a chiudere, altre invece hanno dovuto ridurre gli orari di lavoro mettendo alcuni dipendenti in cassa integrazione.

Una soluzione alternativa però ci sarebbe, suggerisce Money.it: ridurre il numero dei giorni di lavorativi e al tempo stesso aumentare le ore di lavoro, in determinati periodi.

Con la contrattazione si può modificare l’orario, adeguandolo alle esigenze. In un momento come questo la flessibilità organizzativa potrebbe dunque dare una grossa mano per risparmiare energia. Ma a deciderlo, naturalmente, non può essere il solo datore di lavoro. Occorre passare per la contrattazione collettiva.

Il Dlgs n. 66 del 2003, che contiene le disposizioni in materia di orario di lavoro e riposo, riconosce (articolo 3, comma 2) ai contratti collettivi la possibilità “di stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno”. Una circolare ministeriale (la n. 8 del 2005) ha chiarito che questa disposizione non si riferisce a un livello specifico di contrattazione collettiva. Motivo per cui può essere intesa per tutti i contratti collettivi, tanto a livello nazionale quanto territoriale o aziendale.

Si può rivedere l’orario di lavoro?

L’azienda può dunque, in determinate circostanze, trattare coi sindacati più rappresentativi di categoria per stabilire un orario lavorativo più flessibile. Per esempio l’azienda potrebbe riorganizzare la settimana lavorativa spalmando turni da 10 ore giornaliere su 4 giorni lavorativi (anziché le canoniche 8 ore su 5 giorni). Così l’azienda potrebbe rimanere aperta solo per 4 giorni a settimana. Risparmiando sui costi energetici, senza dover ricorrere alla cassa integrazione dato che il lavoratore dipendente continuerebbe a lavorare le sue 40 ore settimanali.

Una soluzione in linea con la normativa sull’orario lavorativo, dato che rispetta quanto prescritto a riguardo del riposo giornaliero (almeno di 11 ore) e la pausa intermedia (almeno 10 minuti). L’azienda potrebbe perfino ridurre l’orario lavorativo al di sotto della 40 ore a settimana senza attingere alla cassa integrazione. In tal caso, però, dovrà pagare lo stesso salario al lavoratore.

Più lavoro in alcuni periodi, meno in altri

C’è infine la possibilità dell’orario multiperiodale. Nel caso in cui l’azienda potesse prevedere con largo anticipo di flussi lavorativi nel corso dell’anno, stabilendo i periodi di maggiore produzione, potrebbe ottimizzare i turni e gli orari lavorativi dei dipendenti. Vale a dire più ore di lavoro nei periodi di maggiore produzione, meno ore in quelli di minor produzione. Per esempio: 6 mesi con turni giornalieri da 10 ore e gli altri 6 con turni da 6 ore.

La riorganizzazione deve comunque rispettare le regole sull’orario di lavoro. A cominciare dal rispetto della media delle 48 ore settimanali (straordinari inclusi) calcolate di solito su 4 mesi ma che i contratti collettivi – in caso si ragioni oggettive, tecniche o relative all’organizzazione lavorativa – possono allungare fino a 12 mesi. mesi.

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