Il premier uscente elogia la sua gestione del Recovery e afferma che ora toccherà al nuovo esecutivo. I ritardi sono evidenti ma il lavoro è stato fatto, Meloni dovrà capire cosa fare del Pnrr dopo le critiche a Draghi e Bruxelles.
Possiamo immaginare che oggi Giorgia Meloni stia maledicendo il giorno in cui ha vinto le elezioni. Non solo per il difficilissimo nodo da sciogliere della composizione del nuovo esecutivo, che la vede litigare di continuo con Lega e Forza Italia, ora le discussioni sono anche con Mario Draghi per la complicata gestione del Pnrr.
Il premier uscente rivendica il fatto che “nel primo semestre del 2022, l’Italia ha raggiunto ancora una volta tutti gli obiettivi e non ci sono ritardi nell’attuazione” a sottolineare il fatto che i conti del Paese sono in ordine grazie alla sua amministrazione e i soldi del Recovery plan sono a disposizione per un lavoro positivo. Se le cose andranno male sarà colpa del prossimo governo.
Meloni attacca si pone in posizione di difesa, cosciente del fatto di non essere all’altezza di Draghi e di dover gestire una quantità di denaro enorme di cui non sa bene cosa fare. “Ereditiamo una situazione difficile – si giustifica la leader di Fratelli d’Italia -. I ritardi del Pnrr sono evidenti e difficili da recuperare e siamo consapevoli che sarà una mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata”. La volontà di Meloni è quella di rivedere i termini di spesa del Pnrr accusando il ministro dell’Economia Daniele Franco per i ridardi.
Nell’aggiornamento del Def (Documento di Economia e Finanza) redatto dal ministero, Franco scrive che “l’ammontare di risorse effettivamente spese per i progetti del Pnrr nel corso di quest’anno sarà inferiore alle proiezioni presentate“. Se inizialmente era previsto di spendere 13,8 miliardi per il 2020/2021 e 27,6 per il 2022, le cose non andranno così e dati sono già stati visti al ribasso: dei 41,4 miliardi che avremmo dovuto destinare ne spenderemo appena la metà, 20,5. Il resto, che sarebbe dovuto andare a risorse per la crescita del Pil e la ripresa post-pandemia, sono ancora una incognita. In base a questo il ministero del Tesoro ha dovuto ritardare anche le previsioni di spesa per i 2023.
Il problema è da cercarsi nell’incapacità aver saputo preparare in maniera efficace ddl, regolamenti, relazioni, bandi e decreti attuativi che soddisfacessero le richieste dell’Unione europea nonostante fossero state erogate diverse rate del Pnrr nelle casse italiane. Tutto da rifare dunque, con una perdita di tempo e di opportunità non indifferente.
Mario Draghi conosce bene la situazione e afferma “nei prossimi mesi e anni occorre attuare queste riforme sul campo, monitorando continuamente i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi quantitativi indicati nel Pnrr“. E aggiunge “occorre ora fare in modo che gli investimenti vengano portati a termine nei tempi e nei modi previsti, assicurando che le risorse europee siano spese in modo trasparente e onesto”. La colpa quindi, ripete ancora, sarà di chi verrà dopo di me: “Spetta al prossimo governo continuare il lavoro di attuazione, e sono certo che sarà svolto con la stessa forza ed efficacia“.
Per riuscire a rispettare gli impegni e ottenere le nuove rate del Pnrr è quindi indispensabile rinegoziare almeno in parte il Piano con Bruxelles, sperando che anche gli altri paesi che stanno ottenendo i fondi abbiamo le stesse difficoltà e si presentino alla porta della Commissione europea con le stesse richieste.
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