15enne vessato dai bulli chiama polizia postale:«Scuola non mi ha difeso»

Un ragazzo di 15 anni vessato dai bulli, ha contattato la polizia postale dopo vessazioni da parte dei compagni riprese e finite sui social:«La scuola non mi ha aiutato, come se fossi io nel torto». Ma la preside afferma che invece la scuola si è mossa

Un ragazzo di 15 anni ha subìto vessazioni dai bulli, e ha contattato la polizia postale. Le vessazioni, infatti, erano state riprese e poi finite sui social. Come riporta Il Corriere della Sera, il ragazzo, Marco (nome di fantasia), ha detto:«Forse mi è successo perché sono una vittima molto facile, perché mi lamentavo, ma non mi ribellavo».

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Il ragazzo, non reagiva agli “scherzi” di due bulli, un maschio e una femmina, che aveva conosciuto nel settembre dello scorso anno, quando faceva il primo superiore. Un anno per nulla semplice, con il quaderno che scompariva, banco e sedia sporcati con amuchina mentre c’era la lezione, e poi tutta una serie di prese in giro. E ancora, sui social, è finito un video in cui appariva incerottato sul viso con il nastro adesivo mentre stava annodando una scarpa, e d’un tratto perdeva l’equilibrio, finendo a terra.

I bulli nel frattempo se la ridevano, e lui stava male. Allora ha deciso di denunciarli alla polizia postale. Marco è un 15enne che fa il secondo superiore in una scuola di Cremona. Gli piace studiare. «Mi sono sentito solo. La scuola non mi ha aiutato, come se fossi io nel torto. Non hanno attivato i protocolli».

E quest’anno, è di nuovo in classe con i bulli. Solo dopo che è intervenuto chi sta investigando su questo caso, li hanno fatti andare in un’altra sezione. Ma uno dei bulli, per la precisazione il maschio, avrebbe scritto in una chat:«Vendicatemi, ammazzatelo».

Tre o quattro gli avrebbero dato retta. Marco è scoppiato in lacrime e con i genitori e il legale, è andato in questura:«Ogni giorno uno scherzo diverso. Ho parlato con i professori. Mi dicevano che non ci potevano fare niente. Quando ho scoperto il video, mi sono lamentato con gli insegnanti. Si sono arrabbiati, hanno fatto andare il ragazzo in vicepresidenza. L’unico risultato è stata una nota disciplinare, chiamare i loro genitori. Poi, nulla».

I bulli si sono beccati un sei in condotta, ma se ne sarebbero persino vantati. Marco racconta ancora che in quei mesi lo evitavano, nonostante tentasse di parlare con la dirigenza. Ha pure cercato il supporto dei compagni, ma il ragazzo racconta che tutta la classe era contro di lui. «Mi insultavano per aver fatto la spia. I professori hanno deciso di fare un incontro di appena due ore con la referente del bullismo, ma non è servito a niente. Mi hanno proposto lo psicologo, una sola volta, perché era maggio e la scuola stava per finire».

I genitori sono infuriati, perché dicono di non aver avuto supporto e che i genitori dei due bulli non si sarebbero scusati. Marco vorrebbe solo rassicurazioni dall’istituto. I bulli e lui si incrociano nel corridoio della scuola. La preside afferma che la scuola si è mossa, attivando azioni a sostegno:«La scuola non può sottrarsi al suo compito educativo e formativo. I genitori hanno la responsabilità di accompagnare i loro figli. Deve esserci unità di intenti. La scuola sta monitorando come ha sempre fatto per cercare una atmosfera di serenità e di accompagnamento», ha chiosato la dirigente scolastica.

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