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Cronaca

Sopralluoghi, immagini, perizie: “scomparso” in Procura materiale che narra i delitti del mostro di Firenze

Gli avvocati spiegano che dopo una denuncia al ministero della Giustizia verrà richiesto anche di rivedere sentenze di condanna “dei compagni di merende”. 

I sopralluoghi eseguiti sulla scena dei duplici delitti, le perizie sulle missive di minacce ai giudici, un nastro su cui è riprodotta una chiamata anonima. E poi foto, verbali con testimonianze, approfondimenti in merito a proiettili, e molto altro.

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Tanto materiale, di vario genere, che riguarda, come riporta Il Corriere della Sera, la lunga serie di omicidi commessi dal cosiddetto “mostro di Firenze”, materiale che sarebbe scomparso. Sarebbe scomparso, poiché altresì, non si capirebbe la ragione per cui, in Procura a Firenze, con una certa insistenza e con reali “azioni di blocco“, sarebbe impedito ai legali dei familiari delle vittime di avere accesso agli atti.

La denuncia

L’avvocato Antonio Mazzeo spiega che per iniziare, verrà fatto un esposto al ministero della Giustizia e poi si passerà a chiedere di rivedere le sentenze di condanna, spiega il legale Valter Biscotti, perché «ho avuto incarico di procedere dal nipote di Mario Vanni», ossia uno degli imputati che ha inventato la frase «compagni di merende» durante i processi per le 14 vittime del cosiddetto “mostro”, uccise tra fine anni ’60 e inizio anni ’80.

Il materiale che manca o meglio non dato dai giudici, è in 11 punti, inclusa una serie di approfondimenti sull’inchiesta, dopo il giugno 1985, in merito a persone su cui si avevano sospetti, e il fascicolo intero sulla testimonianza rilasciata da un’autostoppista.

Il testimone e quanto raccontò

La persona che rilasciò la testimonianza era diretta a Borgo San Lorenzo e successivamente raccontò che chi le aveva dato il passaggio fino a lì, le anticipò la notizia (all’epoca sarebbe stata del tutto ignota) di una missiva orribile che conteneva piccola parte del seno di Nadine Mauriot, assassinata tra l’8 e il 9 settembre, mandata al giudice Silvia Della Monica.

Dunque come poteva l’autostoppista essere a conoscenza di quella notizia dato che nessun giornale ne aveva mai parlato? Con chi avrebbe potuto avere legami, con carnefici o investigatori? Si tratta di domande che per ora restano tra quelle più irrisolte nella storia del nostro Paese.

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