Ruberti, la pista del ricatto dietro il video choc che ha portato alle dimissioni

Proseguono gli accertamenti della Procura sul video choc che ha portato alle dimissioni di Albino Ruberti, l’ex braccio destro del sindaco di Roma.

Era agosto quando in rete è circolato il filmato dove si sentivano le sue urla («Devono inginocchiarsi e chiedere scusa», «O chiedono scusa o li ammazzo» e ancora: «dico a tutti cosa hanno chiesto»).

Albino Ruberti – Meteoweek

La Procura si sta concentrando su due figure: chi ha ripreso la scena della furibonda lite tra Ruberti e esponenti del Pd ciociaro e su chi l’ha messa in circolazione, proponendola prima al centrodestra di Frosinone e infine al Foglio.

Mentre sembra ormai vicina l’archiviazione del fascicolo sulle ragioni del litigio e sulle minacce di morte – non denunciate da Vladimiro De Angelis, fratello di Francesco – i magistrati proseguono le indagini sulla diffusione del video e sui motivi della divulgazione.

Quello che appare chiaro agli inquirenti, riferisce Il Messaggero, è l’uso del video: creare uno scandalo con le relative conseguenze.

Quanto a chi ha ripreso la scena del violento scontro verbale affacciandosi da una finestra su via Cavour ha usato il cellulare come ormai è pratica comune. La lite – peraltro tra personaggi pubblici – è avvenuta su una via pubblica. Dunque si poteva filmare tutto.

Chi ha offerto il video della lite?

Il punto è capire come quel video sia passato dalle mani dell’autore – un residente della zona, come si è saputo fin da subito – a quelle di chi poi lo ha offerto. Un passaggio ancora al vaglio della Procura. Su questo punto il riserbo è stretto. Si cercano di ricostruire i collegamenti che vanno dalla serata del primo giugno (quando è avvenuta la cena degenerata in litigio) alla divulgazione del video, col tentativo di proporlo al centrodestra in corsa per le amministrative (che ha declinato).

Gli esponenti del centrodestra coinvolti – il sindaco Riccardo Mastrangeli, allora candidato, e il suo predecessore, Nicola Ottaviani – hanno sempre detto che il video era stato loro offerto senza alcuna richiesta di denaro come contropartita. Dunque chi ha proposto il video voleva solo creare lo scandalo, non lucrare economicamente. L’obiettivo era quello di screditare il Partito democratico, Francesco De Angelis in particolare.

Un obiettivo raggiunto, vista la sua rinuncia alla candidatura. Rimane da capire se fosse l’unico obiettivo o se non ce ne fossero altri, primo fra tutti la guida del Consorzio industriale. C’è poi tutta la ridda di ipotesi più varie – diffuse in ambienti politici, ovviamente, non in quelli giudiziari – su chi possa aver avuto interesse a creare il caso diffondendo il video: avversari politici o fuoco amico? Di più se ne saprà quando la Procura avrà identificato – e iscritto nel registro degli indagati – l’autore (o gli autori) del ricatto e dello scandalo creato ad arte.

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